Nella cultura dei padri vi sono le capacità intellettuali dei figli: questa equazione, figlia di una scienza non esatta, si dimostra valida anche sul web ed il tutto è emerso da una curiosa quanto importante indagine portata avanti dalla London School of Economics (Lse) circa le capacità informatiche di 906 genitori e di 1.511 giovani dai 9 ai 19 anni. La ricerca “UK Children Go Online” ha preso corpo nell’arco di un biennio ed è stata co-finanziata da Childnet International, AOL, eSociety ed altri gruppi.
La conclusione della ricerca ruota attorno al fatto che il web è diventato ormai uno strumento diffuso per lo studio dei ragazzi, e la mancata erudizione all’uso dello strumento diventa un handicap che il giovane subisce al cospetto di coloro i quali hanno invece un appoggio in tal senso. Se il divario si fa ampio tra chi sa usare un computer e chi non lo sa usare, un divario ulteriore è rappresentato da chi lo sa usare in modo elementare e chi invece ne ha completa padronanza. Tale handicap si tramuta, in prospettiva, in una minor competitività ed in una maggior difficoltà negli ambienti di lavoro.
La ricerca intende evidenziare inoltre come il semplice accesso alla Rete non costituisca panacea sufficiente alla riduzione del digital divide: grande importanza va infatti riservata alla qualità dell’accesso, ed avere genitori che navigano su Internet permetterebbe ai figli una maggior cultura informatica, una maggior esperienza in tal senso ed un miglior uso dello strumento a fini scolastici. Un uso qualitativo del web diverrebbe inoltre un importante stimolo intellettuale per il ragazzo, offrendo dunque un vantaggio ulteriore a chi può giovarsi delle condizioni ideali per la propria crescita culturale.
Il report finale della ricerca sottolinea come il modo migliore per insegnare la navigazione sul web sia costituito da un uso in comune dello strumento (così come la pedagogia ha già suggerito per un uso più responsabile della televisione e di tutti gli altri medium). Si evidenzia inoltre come un importante accento vada in tal senso posto sui pericoli che il web potrebbe riservare (importante soprattutto l’aspetto fondamentale della privacy e della necessaria auto-difesa del ragazzo di fronte ad eventuali contatti pericolosi da remoto).
Le conclusioni tratte dagli analisti impegnati nella ricerca hanno preso luogo su una serie di numeri già di per sé indicativi: il 75% dei ragazzi inglesi ha accesso casalingo al web (l’omologa percentuale italiana configura già una situazione decisamente più penalizzante per il nostro paese); il 92% dei ragazzi ha a disposizione un accesso al web grazie alla scuola; il 36% delle famiglie ha a casa più di un computer ed il 24% gode di accesso a banda larga; il 19% dei ragazzi ha un proprio pc in camera da letto ed il 41% del totale naviga sul web con frequenza quotidiana (per la maggior parte dei casi con obiettivi scolastici e di ricerca). Rilevante è il fatto che i ragazzi che non fanno uso del web hanno a monte genitori che non sanno a loro volta usare il web. Importante, soprattutto, il fatto che il 30% dei ragazzi abbia un approccio ad Internet senza alcuna introduzione preventiva ed il 46% del totale abbia ammesso di aver divulgato informazioni personali tramite la Rete.