Se in Italia a far discutere è sia il principio che il merito della normativa sull’equo compenso, in Germania le ultime ore sono state vissute all’insegna della polemica su principio e merito di una procedura avviata dal mondo dell’editoria contro Google News. Oltre la metà degli editori tedeschi, infatti, ha puntato il dito contro il motore di ricerca chiedendo a quest’ultimo una sorta di revenue sharing sui profitti generati.
Trattasi dell’ennesimo rigurgito di una questione ormai vecchia e sedimentata, ma mai risolta. Da una parte v’è un motore di ricerca che si è imposto come riferimento univoco per gli utenti di tutto il mondo nell’atto di accedere alle informazioni online (la homepage delle homepage, secondo una chiave di lettura ormai ampiamente condivisa); dall’altra v’è un’editoria in grave crisi, in cronica ricerca di identità e impossibilitata a reagire di fronte alla tracotante potenza del motore di Larry Page e Sergey Brin. Nel tentativo di liberarsi dalla morsa del motore, gli editori hanno più volte avviato iniziative scomposte, con basi deboli e sviluppo fragile.
Inizia tutto il Belgio, ove la ribellione è iniziata nel lontano 2008, ma si estende in tutta Europa. In Germania arriva la nuova richiesta (peraltro non certo ben circostanziata): gli editori vogliono da Google l’11% dei profitti generati grazie ai link esistenti sul motore verso le pagine e i contenuti messi a disposizione dalle testate indicizzate. Sebbene la risposta ufficiale di Google non sia ancora arrivata, i contenuti sono ben noti: qualunque editore ha piena libertà di rinunciare alla propria presenza sul motore, in quanto l’opzione di opt-out è facilmente praticabile e in pochi minuti ogni link su Google e Google News andrebbe a sparire.
Ovviamente tale opzione non è invece praticabile nei fatti, poiché l’editore che rinuncia a Google deve di fatto rinunciare all’unica vera fonte di traffico in grado di sostenere un modello di business online (in assenza di paywall, abbonamenti e altre soluzioni su cui nessuno ha ancora costruito alcun impero). Per questo gli editori forzano la mano: non si minaccia alcun opt-out, poiché la leva sarebbe poco vantaggiosa ed efficace in questa paradossale trattativa, ma si fanno comunque pesare i contenuti di qualità messi a disposizione dell’utenza del motore.
Con ogni probabilità la vicenda andrà ad arenarsi sulla solita questione: nella collaborazione tra le parti, traggono più vantaggio gli editori o il motore di ricerca? Chi dei due non può fare a meno dell’altro? Ma se non bastassero questi dubbi, altri si aggiungono al complesso quadro della situazione: come calcolare gli introiti accumulati da Google grazie ai link ai siti degli editori? Come differenziare Google, Google News e Universal Search? E infine: da dove è scaturita la percentuale di revenue sharing che gli editori hanno stimato in un arbitrario 11%?
Troppi punti interrogativi e una sola certezza: l’editoria è in difficoltà e Google ha buon gioco a gestire la situazione con il coltello impugnato dalla parte del manico.