GGD Campania al Campus Party: intervista a Francesca Ferrara

In occasione del Campus Party, abbiamo intervistato Francesca Ferrara che ha portato la GGD in Campania, con un format innovativo per le donne in tech.
GGD Campania al Campus Party: intervista a Francesca Ferrara
In occasione del Campus Party, abbiamo intervistato Francesca Ferrara che ha portato la GGD in Campania, con un format innovativo per le donne in tech.

Al Campus Party Italia 2018 abbiamo incontrato Francesca Ferrara per parlare della GGD Campania e del nuovo format portato a Napoli per la cena delle donne appassionate di Internet, New Media e Tecnologia.

Francesca, hai partecipato al Campus Party…

«Si, sono stata tra gli speaker di questo format spagnolo importato in Italia e ho raccontato la mia storia, ciò che ho fatto per la mia città, Napoli, dal 2009 in poi.

Io faccio parte della prima era della blogosfera italiana, (1998) e sono una delle prime giornaliste e blogger italiane quando ancora esistevano piattaforme di blogging come Clarence e Splinder che erano gettonatissime, prima dell’avvento di WordPress».

Raccontaci cosa è successo a Napoli

«Il decennio 1998-2008 è stato cruciale per internet in Italia e per la creazione di varie tipologie di community. La cultura digitale iniziava ad essere protagonista dei nostri post sui blog e delle nostre chat e cresceva il bisogno di interagire non solo in rete ma anche live con le persone con cui si era in contatto on line. Al tempo, erano molto in voga i nicknames, che delle volte davano nome ai rispettivi diari on line.

Nel 2008, la svolta: il blogging professionale iniziava a prendere piede e aumentavano sempre di più gli incontri sui vari temi di internet. E nascevano anche i primi bloggers oggi considerati influencer. Nel 2007, frequentando le piazze di Roma e Milano, mi resi conto che a Napoli si ignoravano questi momenti di incontro socio-culturale in cui si discuteva di cultura digitale, e così decisi che bisognava far qualcosa per Partenope. Era assurdo che la prima città del Sud restasse fuori da questo nuovo fermento culturale. Nacque “Sentieri Digitali" con il claim “Be Digital. Make Culture". Da Settembre 2009 a Giugno 2010 Napoli ebbe la sua prima rassegna sulle culture digitali con ben 16 appuntamenti, ad ingresso libero, tenuti in una libreria in zona Spaccanapoli. Conclusi quel ciclo con il VesuvioCamp, portando il format del Barcamp in città e alla sede della Federico II del Complesso di SS. Marcellino e Festo. Fu la più completa attività di evangelizzazione verso i cittadini sulle tematiche del web2.0: blogging, networking, dating on line, web marketing, social networks, web reputation, diritto d’autore, e-learning, startup…

Durante questa esperienza notai che la presenza femminile scarseggiava in questi appuntamenti. Così, importai anche il format dedicato alle donne e per le donne: la GGD (Girl Geek Dinners) ovvero le cene delle donne appassionate di internet, new media e tecnologia. Nacque la GGD Campania».

È stato complicato organizzare questi cicli di appuntamenti?

«Napoli, all’epoca era un territorio chiuso, disinformato. Anche i giornali locali non parlavano quasi mai di queste tematiche, non davano giusto peso e spazio, diversamente da come accade oggi, 10 anni dopo.

Io, in città, ero l’unica giornalista ad avere un know how in merito a queste tematiche e format che frequentavo in altre città. Tanto è vero che fui la prima a realizzare una intervista, in Second Life, a Claudio Ricci, Sindaco di Assisi, con il mio avatar Capriccio Kaniuk, su una possibile soluzione estetica per il posizionamento dei cassonetti urbani in un momento acuto della crisi rifiuti, che a quei tempi la città stava vivendo. L’intervista fu pubblicata sul sito di Repubblica Napoli».

Come organizzavi questi eventi?

«Di fondo, mi sono occupata di tutto: organizzazione, logistica, relatori e contenuti, sponsorship, partnership e comunicazione con il supporto di alcune ragazze del Sud. Tra loro anche chi come me che faceva parte dell’alba della blogosfera italiana, avendo il mio stesso know how e mi sostenevano da remoto (già si iniziava a parlare di smart working). Il team GGD Campania: Caterina Policaro, Marileda Maggi, Viviana Capraro, Aurora Incardona, Roberta Bartoli, Chiara Menido, Maria Rosaria Buono, Alessia Passatordi, Marianna Sansone, Lomè Galliano».

Napoli era un territorio chiuso… Come hai fatto ad implementare questi format?

«Al Campus Party ho parlato anche di questo, che è il nocciolo della questione: strategia e comunicazione di un evento non nativo importato in un territorio differente, diverso e, per certi versi, ostile. Format nati dal basso, con il contributo volontario e spontaneo dei partecipanti, in cui ognuno dava una mano in base alle proprie volontà e competenze. Eventi no-profit per organizzatore e team. Eventi basati sulla passione per questi temi e il piacere di divulgarli.

All’inizio dei primi appuntamenti di Sentieri Digitali, occupandomi in prima persona della comunicazione mi accorsi della difficoltà di penetrazione di certe tematiche nelle redazioni. Atteggiamento che cambiò nel secondo quadrimestre. Reduce da questa esperienza, per far attecchire il format GGD individuai i punti forti del territorio, personaggi e argomenti che erano e sono interesse di massa e li coinvolsi come partner. Li coinvolsi e li resi protagonisti del cambiamento del territorio che stava avvenendo, seppur lentamente.

Pur mantenendo integre le caratteristiche del format originario, fondato a Londra, nel 2005, da Sarah Blow, software engineer, trasformai quelle serate anche in un momento di happening visuale: ad ogni appuntamento fu dato un tema e quel tema era lo spunto per un contest fotografico con mostra allestita che faceva da sfondo alla serata con tanto di premiazione da parte degli sponsor dei primi tre classificati, secondo giuria tecnica e popolare. “Le donne e le loro storie su internet" e “Work Shots" per il tema “Idee, strumenti e azioni per le donne e l’impresa" sono stati i titoli che hanno dato vita agli incontri, ai contest su Twitter e alle mostre fotografiche. A sostenere questa operazione, Il direttore artistico di Spazio Tangram, all’epoca GiuBox Gallery, Michele Del Vecchio».

È come se avessi cucito un vestito su misura…

«Esattamente, ero una sarta, ho fatto una operazione sartoriale: trovare la leva strategica che avrebbe facilitato l’operazione della divulgazione delle culture digitali, e non mi sbagliavo, funzionò. Oggi, la città di Napoli è maggiormente ricettiva dinanzi a queste tematiche, molte cose sono cambiate negli ultimi dieci anni e quanto da me ideato e fondato sono dei piccoli case study storici e sono molto contenta di aver avuto occasione di parlarne davanti ai giovani del Campus Party perché così come testimonia YouTube nel video del 2009 sul canale di Working Capital, durante il mio primo elevator pitch, ero dell’idea e lo sono tutt’ora che: “Abbiamo il dovere di lasciare traccia del valore aggiunto che ognuno di noi può apportare per lo sviluppo e la divulgazione della Cultura e della Democrazia Digitale. Noi siamo solo gli antenati moderni di coloro che saranno i futuri protagonisti della rivoluzione sociale". Queste, le mie parole nel 2007, al PubCamp organizzato da Maxime. Siamo nel 2018, le riconfermo e così come allora, anche nella preparazione dei progetti attuali e futuri, mi ispiro a Goethe: “L’audacia ha in sé genio, potere e magia. Incomincia adesso"».

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