In un recente articolo apparso sulla sezione dedicata al giornalismo della New York University editorialista Jay Rosen si interroga sulla necessità per la tribù dei giornalisti “vecchia maniera” di cambiare per sopravvivere ai nuovi media.
Pur non introducendo alcuna sostanziale novità interpretativa riguardo allo scenario del giornalismo professionistico (in altre parole non viene detto nulla che non fosse già noto agli operatori del settore, cioè che il mondo dell’informazione è cambiato e non sempre la vecchia guardia si dimostra pronta per sfruttarne le potenzialità), il breve articolo di Rosen affronta con straordinaria freddezza la situazione delle figure legate alla produzione di informazioni.
Uno dei temi più interessanti riguarda non tanto l’ormai consolidata constatazione del fatto che occorrono nuove competenze per lavorare con i nuovi media, quanto piuttosto che una serie di figure semi-professionali di estrazione diversa da quella giornalistica stanno rapidamente occupando le posizioni un tempo occupate dai giornalisti.
La crisi dei modelli di business legati ai prodotti editoriali classici “top-down”, finisce inevitabilmente per investire le figure professionali che per decenni hanno vissuto di giornalismo. Se poi pensiamo che l’analisi di Rosen si riferisce alla situazione statunitense dove non esiste un ordine dei giornalisti e il mercato editoriale, alla pari del rapporto tra editori e giornalisti, è molto più aperto e flessibile, ecco che la situazione nel nostro paese pare ancora più critica.
Insomma, quale futuro attende i giornalisti?