Una sentenza di un giudice francese va ben oltre le polemiche di queste settimane sul diritto all’oblio: un contenuto non viene soltanto “silenziato” tramite la rimozione del link sul motore di ricerca, ma addirittura se ne ordina la modifica al fine di allineare il titolo ad un canone più edulcorato. Succede nel sud della Francia, in una piccola località ove un ristoratore non ha accolto di buon grado la recensione portata avanti da un blogger che ne ha provati i servigi e la cucina.
L’ordine del giudice è stato perentorio: una piccola sanzione pecuniaria e l’obbligo di modificare un titolo che, comparendo in quarta posizione su Google, metteva a rischio la reputazione del ristoratore. Il locale si chiama “Il Giardino”, che il blogger aveva anteposto con un colorito “Un posto da evitare”. Un diritto di cronaca che il giudice ha voluto mantenere (non è infatti stata richiesta la modifica sul testo complessivo), ma che ha voluto spuntare tramite la modifica del titolo e pertanto del contenuto che l’articolo porta su Google. La blogger responsabile, Caroline Doudet, ha preferito cancellare l’articolo invece di scendere al compromesso a cui è stata costretta, ma il caso fa inevitabilmente discutere.
Sulla base di quanto previsto dalla sentenza della Corte di Giustizia sul diritto all’oblio (, è possibile richiedere la rimozione di un contenuto ritenuto inopportuno per la reputazione di una persona fisica. In questo caso, invece, a rischio è il buon nome di una attività e pertanto buona parte del suo bacino potenziale di clienti che si può raccogliere online. La sentenza francese, seppur improntata sul buon senso, calpesta una strada estremamente insidiosa poiché pone un taglio arbitrario al diritto di critica e di espressione, ritenendo “un posto da evitare” come una espressione in grado di pregiudicare un brand oltre il limite della tollerabilità.
Se passasse il principio, ai giudici verrebbe messa in mano la responsabilità di definire volta per volta il diritto di critica di blogger e recensioni, limitando il ruolo degli influencer e la propria presenza sui motori in virtù delle possibili recensioni negative. La colpa della blogger, nel caso specifico, era in buona misura rappresentata dal fatto che il contenuto fosse ben posizionato e per questo motivo visibile- L’azzeramento della visibilità del giudizio negativo era la finalità perseguita dal denunciante, onde per cui il giudice ha voluto agire sul titolo per raggiungere l’obiettivo con il minimo danno: calmierare gli effetti negativi sull’attività, senza tuttavia cambiare i contenuti autentici espressi dalla blogger.
Tentativo, però, scomposto: l’articolo è stato cancellato, la polemica ha preso il largo e ora tutti sanno che “Il Giardino” ha difeso la propria reputazione usando le maniere forti.