La fine di un’era. Così scrive Anonymous, il gruppo hacktivista più famoso del mondo, nel suo tweet in cui dice formalmente addio a Wikileaks. Chi l’avrebbe mai immaginato? Dopo almeno due anni di sostegno alla causa, di azioni dimostrative e attacchi online alle istituzioni colpevoli di aver abbandonato il sito di Julian Assange al suo destino, il messaggio apparso stanotte separa – forse per sempre – il volto mascherato di “V per vendetta” dalla faccia dell’uomo che ha sfidato Washington. Il motivo? A quanto pare l’ego del suo fondatore e la contraddizione dei metodi di raccolta fondi.
Il tweet degli Anonymouys non potrebbe essere più esplicito:
https://twitter.com/AnonymousIRC/status/256370661423980544
Al centro di questa delusione, un’iniziativa che gli hacker, distintisi per i loro attacchi ai sistemi di pagamento che avevano ritirato il loro contributo tecnico a Wikileaks dopo il Cablegate, non potevano accettare: Wikileaks ha infatti messo in atto un paywall in forma anonima per raccogliere fondi. Un video parodia di uno dei discorsi del presidente Obama (qui) accompagna l’invito ai followers di pagare tramite Visa e carta di pagamento Mastercard. Un bello scivolone, se non altro vista la recente vittoria legale.
Dipende sempre dai punti di vista. Wikileaks si è difesa, con un tweet di risposta, in cui sottolinea che il sistema di pagamento non è un paywall e non è neppure esclusivo:
A tweet, share, wait or donate campaign is not a "paywall". You can read about our blockade and funding systems here: http://t.co/p9sNjWBK
— WikiLeaks (@wikileaks) October 11, 2012
Pare però che gli Anonymous non ne siano affatto convinti, così la crew ha preso questa decisione. Addio. E pensare che l’ultimo colpo di Wikileaks è una nuova cartella, il Global Information Files, presumibilmente frutto di un membro di Anonymous, Jeremy Hammond, arrestato l’anno scorso, contenente cinque milioni di e-mail e dati delle carte di credito della società di sicurezza statunitense Stratfor. La si consideri come l’ultima joint venture.