La Corea del Nord sa come sfruttare, a proprio favore, la tecnologia. Pensiamo a quanto diffuso di recente dalla CNN, nel merito di alcune operazioni basate sulle criptomonete. A quanto pare, la nazione avrebbe guadagnato fino a 2 miliardi di dollari hackerando istituti finanziari esteri e scambi di criptovaluta. Il rapporto del sito afferma che la Corea del Nord ha sfruttato hacker di stato per riciclare i proventi rubati, per evitare sanzioni internazionali.
Gli investigatori ritengono che tali attività potrebbero essere utilizzate per finanziare il programma di armi nucleari di Pyongyang. Le accuse sono state divulgate tramite un progetto compilato da un gruppo di esperti indipendenti, che lavorano per un ramo delle Nazioni Unite e che hanno verificato ogni singola affermazione rilasciata.
Se la cifra di 2 miliardi di dollari sembra davvero spropositata, forse non è del tutto sorprendente. Le notizie sugli exploit di hacking incentrati sulla criptovaluta della Corea del Nord sono in giro da oltre un anno. La società di sicurezza informatica Kaspersky Labs, che segue le vicende dei nazionali Lazarus, nel 2017 aveva pubblicato una ricerca che dimostrava come il gruppo fosse riuscito a rubare 81 milioni di dollari da una banca del Bangladesh.
Nell’agosto 2018 Hard Fork aveva riferito che Lazarus stava usando un nuovo software per colpire i trader di criptovaluta, che avrebbe aperto backdoor sui sistemi infetti, permettendo di essere controllato da remoto. Un mese dopo, nell’ottobre 2018, ulteriori ricerche rivelavano che ancora i Lazarus erano responsabili di cinque attacchi su 14 su scambi di criptovaluta avvenuti tra febbraio 2017 e settembre 2018, tali da consentire un guadagno da 571 milioni di dollari.
Infine, nel marzo di quest’anno, un gruppo delle Nazioni Unite stimava in 670 milioni di dollari le entrate totali ottenute, grazie a criptomonete, dalla Corea del Nord.