Gmail ha subito una significativa bocciatura presso una importante università statunitense. Si tratta di un passo falso importante, poiché Google sta cercando da tempo di imporre le proprie soluzioni a basso costo per imporre il cloud come opzione alternativa all’onere di server e software che hanno fino ad oggi dominato la scena. E si tratta, peraltro, del secondo inciampo in poche settimane dopo che in precedenza già Yale aveva respinto una generosa offerta per passare Google Apps for Education.
Il caso è relativo alla University of California (UC Davis), presso la quale la decisione è stata portata avanti dopo aver provato il servizio e dopo aver espresso specifico risentimento per alcuni dubbi espressi a livello internazionale circa la gestione della privacy da parte di Google. Difficile, però, capire esattamente il motivo del contendere. L’università, infatti, spiega di aver vissuto con preoccupazione lo sconcerto espresso in alcuni paesi (Canada, Regno Unito, Italia, Germania ed altri; non dagli Stati Uniti) relativamente all’introduzione di Google Buzz nella casella di posta del gruppo. La violenza di Buzz, però, non può incidere sul pacchetto universitario poichè, sottolinea il business development manager del Google Apps for Education group Jeff Keltner, il social network non è mai entrato nel pacchetto dei servizi offerto al campus.
Sono varie le realtà istituzionali che hanno affidato a Google la gestione della propria casella di posta. Non l’Università della California, però, secondo cui l’outsourcing della posta non è contemplato dalla University of California Electronic Communications Policy. Nello specifico, il regolamento vieterebbe all’istituto di concedere a terzi la gestione, l’analisi e l’eventuale sfruttamento della posta. Sia pur se interpretato eccessivamente alla lettera, il regolamento esprime però un concetto chiaro: la gestione in proprio è da preferire alla gestione terza, dunque le soluzioni cloud sono da respingere in favore di una soluzione proprietaria. Il messaggio è chiaro fin da principio, del resto: «si esprime preoccupazione per il fatto che l’impegno del campus di proteggere la privacy non sia dimostrato da Google e che l’appropriata salvaguardia non vi sia oggi e non sia nemmeno pianificata per il futuro».
Le parti, semplicemente, sarebbero semplicemente su due binari differenti. La lettera inviata a Google declina pertanto l’invito a continuare sulla strada di Gmail e spiega che l’Università andrà ora in cerca di «un più flessibile ed efficace sistema centralizzato di gestione delle email».