Il rapporto tra Google e la Cina continua ad essere appeso ad un filo. Ancora una volta il gigante delle ricerche accusa il Governo cinese di aver ostacolato l’accesso a GMail da parte di numerosi utenti, provocando problemi e disservizi sia all’utenza che agli advertiser. Le interferenze avrebbero matrice politica, anche se da Mountain View non giunge alcuna conferma in tal senso.
La motivazione principale sarebbe infatti la volontà di arginare quel movimento che va sotto il nome di “jasmine revolution”, un’operazione online coordinata da alcuni dissidenti che il Governo cinese vuole assolutamente bloccare. Per limitare il raggio d’azione di tali dissidenti, la Cina avrebbe ostacolato loro l’accesso alla propria casella di posta elettronica su GMail: numerose sono state le segnalazioni di problemi durante l’invio e la lettura dei messaggi di posta, sparsi un pò ovunque sul territorio cinese.
L’accusa di Google arriva inoltre ad alcuni giorni di distanza dalla pubblicazione di un post sul blog di Mountain View in cui sono state riportate informazioni in merito ad un attacco subito dal gruppo, riconducibile inizialmente ad azioni di repressione nei confronti di dissidenti ed attivisti. Oltre a GMail, anche il servizio creato da Google in occasione del terremoto che ha sconvolto il Giappone nelle scorse settimane, mirato a fornire la possibilità di rintracciare parenti ed amici, sembra aver subito alcuni problemi. Le indagini svolte dagli ingegneri Google hanno permesso alla società di assicurare che le difficoltà riscontrate dagli utenti non sono dovute a interruzioni del servizio, bensì ad azioni di disturbo provenienti dall’esterno.
Dalla Cina non è giunto per ora alcun commento, ma la situazione diventa sempre più critica. Il rapporto col gigante delle ricerche è ormai pressoché spezzato, soprattutto dopo le intrusioni del Governo cinese nei server Google mirate a rubare segreti aziendali di altissimo valore. Dall’incidente del gennaio 2010, Google ha inoltre rimosso il proprio servizio dal territorio cinese, indirizzando gli utenti verso la versione destinata alla popolazione di Hong Kong per evitare blocchi o censure da parte della Cina. Nei mesi successivi gli screzi sembravano andare appianandosi, ma le nuove accuse firmate Google riportano le parti sul piede di guerra.