Go Daddy segue le impronte di Google e si avvia sulla strada che porta il gruppo via dal mercato cinese. Per Google trattasi di un passo positivo poichè, a poche ore dal proprio annuncio, un secondo gruppo sale sul carro dei ribelli rinunciando alla propria quota di mercato nel paese orientale. Per giungere a risultati concreti, però, il novero delle aziende in fuga dovrà accrescersi ulteriormente e non sarà facile: le resistenze sono molte e, sebbene Google goda di forte plauso, vi sono anche critiche che Microsoft ha presto incarnato nelle proprie promesse di rispetto della legge locale.
La dipartita di Go Daddy è stata spiegata dal gruppo con una nota ufficiale nella quale si spiega che il registrar non intende più seguire i capricci della Repubblica Cinese e delle caleidoscopiche regole del CNNic. La protesta prende pertanto piede dopo la decisione del registro cinese di tenere un database aggiornato ed approfondito di coloro i quali registrano un dominio .cn trasmettendo così informazione sulla rete cinese. In particolare gli utenti registranti dovrebbero fornire al proprio registrar alcune informazioni personali aggiuntive e addirittura una fotografia.
Secondo il Wall Street Journal il gruppo Go Daddy avrebbe in Cina un bacino di domini da 27000 unità configurandosi come il maggiore registrar straniero operante nel paese orientale. La sua dipartita risulta pertanto svuotata di significato in virtù del computo economico della scelta compiuta. Go Daddy, infatti, rinuncia ad ogni effetto ad appena l’1% dei propri proventi globali ed in cambio riesce a sgravarsi di un onere non secondario: raccogliere le informazioni per il successivo invio al Registro è opera difficile ed onerosa, soprattutto perchè la regola è retroattiva ed applicata pertanto su ogni singolo dominio attivato dal 2005 ad oggi.
Go Daddy lascia la Cina, ma in precedenza ne aveva accettate le regole ed aveva anche accettato la raccolta dei dati imposta dal CNNic. Soltanto il 20% degli utenti, però, ha inviato le informazioni richieste ed il resto dell’opera avrebbe rappresentato un orpello particolarmente impegnativo e tale da svuotare di interesse l’opera portata avanti all’interno della Grande Muraglia (anche perchè, in caso di mancata risposta, i domini senza le informazioni richieste sono destinati alla cancellazione). Dopo aver tentato la strada dell’accondiscendenza, quindi, ecco trovata la via d’uscita: salendo sul carro di Google il gruppo Go Daddy imbraccia il vessillo della libertà e lascia il campo. I domini esistenti verranno gestiti da altri registrar, nessun nuovo dominio .cn verrà attivato e Go Daddy può rivendicare la volontà di non fungere da braccio armato della censura cinese.
Lo stato dei fatti è quello per cui Go Daddy avrebbe presto perduto l’80% dei propri domini in Cina, mantenendo quindi soltanto il 20% di quell’1% di introiti ricavati dal mercato locale. Abbracciare il vessillo della libertà è costato a Go Daddy lo 0.2% del proprio fatturato. Troppo poco, forse, per poter dare significato alla decisione intrapresa. Ma abbastanza, ad oggi, per aggiungere un primo nome alla lista dei ribelli che, spera Google, nelle prossime settimane possa accrescersi per creare pressione sull’intollerabile invadenza cinese nelle libertà del mercato e dell’utenza.