Prima i rumor, derivanti dall’accredito Tele Atlas scomparso dalle mappe di Google. Poi la conferma, proveniente direttamente dal gruppo impegnato nella fornitura di dati e servizi mappali in tutto il mondo: «Tele Atlas conferma che Google ha deciso di sospendere l’utilizzo delle mappe Tele Atlas negli USA. Google utilizzerà ora le proprie mappe. La nostra relazione con Google per la copertura mappale continua al di fuori degli USA in dozzine di luoghi».
Sebbene Google non abbia effettivamente a disposizione i dati, le attrezzature e l’organizzazione di Tele Atlas, il gruppo ha però in mano altri asset strategici e probabilmente a Mountain View si è pensato che fosse infine venuto il momento di fare da sé. Inizia così la terza fase dell’avventura di Google nelle mappe: il primo capitolo fu quello con Navteq, interrotto in occasione dell’acquisizione del gruppo da parte di Nokia; il secondo capitolo è stato con Tele Atlas, ma l’interruzione del servizio negli Stati Uniti lascia preludere ad una futura interruzione anche a livello internazionale; il terzo capitolo sarà scritto a più mani, con Google nel ruolo di catalizzatore del lavoro di crowdsourcing dei propri utenti. Quel che più stupisce è il fatto che solo un anno fa Google e Tele Atlas avevano siglato un contratto quinquennale per la fornitura delle mappe, contratto che alla luce delle notizie odierne sembra sfumare in una rottura che difficilmente si è potuta consumata in modo amichevole.
L’idea di fondo è quella per cui i tradizionali servizi mappali non possano più funzionare a dovere. La fornitura di navigatori e pubblicità, infatti, pretende un costante aggiornamento dei contenuti, una forte attendibilità ed una verifica continua: ciò che Tele Atlas non era in grado di fare, quindi, potrebbe ora diventare un lavoro user-generated nel quale i feedback degli utenti vanno a completare il materiale grezzo che Google raccoglie nel pubblico dominio (materiale proveniente, ad esempio, dalle agenzie governative: lo stesso progetto OpenStreetMap si basa sul medesimo materiale del Census Bureau). A tutto ciò si aggiunge il materiale raccolto dalle auto di Google Street View, la cui copertura è ormai estesa all’intera America del Nord, l’Australia ed a buona parte dell’Europa occidentale. Ma non solo.
Gli indizi sono sparsi sul blog Google Lat Long, il riferimento ufficiale online per il team Google Maps. Solo pochi giorni or sono, ad esempio, Google elencava le innumerevoli fonti pubbliche che il gruppo ha utilizzato per completare le proprie mappe arricchendole di tutte quelle informazioni provenienti da USDA Forest Service’s Forest Boundaries, US Geological Survey’s National Hydrography Dataset ed altra documentazione ancora. Poche righe più avanti si incoraggiavano gli utenti a collaborare con Mountain View inviando i problemi osservati sulle mappe. Poche ore più tardi, invece, giungeva il plauso per il corretto invio nello spazio del WorldView-2, satellite di nuova generazione gestito dalla DigitalGlobe (partner Google) che potrebbe fornire ulteriore qualità e copertura alle mappe del motore di ricerca. Pochi giorni dopo, infine, la rottura con Tele Atlas che offre un nuovo senso al tutto.
La commistione strutturata di tutto il materiale raccolto da Google potrebbe permettere di ricreare una sorta di navigatore satellitare online, un servizio ancora una volta potenzialmente basato sul gratis grazie all’enorme potenziale che la pubblicità potrebbe trovare in questa realtà. Tom Tom, gruppo che a fatica è riuscito ad accaparrarsi le mappe Tele Atlas, non avrebbe potuto vedere di buon occhio un servizio simile, trovandosi pertanto costretto in una situazione di pieno imbarazzo. Il cerchio troverebbe chiusura e compimento: AdWords, Android, Google Maps, Google Street View, tutto assieme nel nome della geolocalizzazione e della navigazione. Facendo leva, per la prima volta, su una sorta di mappa in salsa Wiki.