Il progetto Calico, annunciato da Google lo scorso anno, ha fissato un obiettivo piuttosto ambizioso: riuscire ad allungare la vita delle persone migliorandone al tempo stesso la qualità, combattendo malattie e patologie tipiche dell’età avanzata. Lo farà sperimentando nuove cure in un centro di ricerca che sarà aperto nella Bay Area di San Francisco, dove opererà un team assunto appositamente per questo scopo. La prima tranche di finanziamenti arriva dalla multinazionale farmaceutica AbbVie, che ha messo a disposizione 250 milioni di dollari.
La stessa cifra è stata messa sul piatto dai vertici di bigG, con la possibilità per entrambe le realtà di continuare a sostenere il progetto in futuro con altri 500 milioni a testa, per un totale pari a 1,5 miliardi. Una solida base da cui partire per test su medicinali potenzialmente in grado di sconfiggere patologie come il cancro o i disturbi neurodegenerativi, ad esempio il morbo di Alzheimer. Questa la dichiarazione odierna del CEO e fondatore Art Levinson, ex presidente e amministratore delegato di Genentech, riportata sulle pagine del sito ufficiale.
La nostra collaborazione con AbbVie è di importanza fondamentale per Calico, la cui missione è quella di sviluppare terapie in grado di migliorare la vita per le persone affette da patologie legate all’età. Consentirà di accelerare i nostri sforzi per comprendere il processo di invecchiamento, migliorerà il lavoro clinico e aiuterà a fornire terapie ai pazienti ovunque.
Quella messa in campo da Calico e AbbVie può essere definita una vera e propria sinergia: la prima realtà sarà impegnata nell’organizzare l’attività del centro di ricerca e sperimentare la sintesi di nuovi farmaci, mentre la seconda fornirà supporto scientifico e clinico, oltre che commerciale per la successiva messa in vendita delle cure. Eventuali profitti, così come i costi di produzione, saranno equamente suddivisi.
Inizia dunque a delinearsi una strada da percorrere per il progetto, che al momento del suo annuncio iniziale ha suscitato un forte interesse ma anche giustificate perplessità. È l’ennesima dimostrazione di come Google, forte di un gigantesco patrimonio economico da gestire, sia in grado di impegnarsi in ambiti che non sono prettamente legati al mondo online o a quello tecnologico. Per vederne i risultati concreti bisognerà comunque per forza di cose attendere diversi anni.