Parola del Financial Times: Google è pronta a lasciare il mercato cinese. La fonte è un ignoto responsabile vicino alle trattative, ma la percentuale fornita alla testata è l’aspetto più significativo: un 99.9% di possibilità che lascia tutto aperto pur forzando la situazione verso il punto del non ritorno.
A chi può convenire una dipartita di Google dalla Cina? Probabilmente a nessuno. Google perderebbe infatti un mercato di centinaia di milioni di utenti (con numeri in grande crescita), mentre la Cina perderebbe un motore fondamentale per la crescita e l’appeal del web sul mercato orientale, oltre a configurare una grave preclusione al mercato occidentale con conseguenze presumibilmente anche politiche (Hillary Clinton ha già graffiato con diplomazia e potrebbe essere nuovamente pronta ad intervenire). Le parti, però, sono alle prese con un tiro alla fune la cui corda si sta per spezzare: la scintilla dell’attacco ai server Google ha acceso una situazione esplosiva ove in ballo vi sono regole e libertà, il tutto alla ricerca di un mercato su cui Google non è riuscito ad oggi ad andare oltre il 30% (vivendo all’ombra del dominio di Baidu).
Nei giorni scorsi Eric Schmidt sembrava lasciar trapelare una certa fiducia: preannunciava novità imminenti con parole che sembravano configurare una possibile risoluzione positiva in tempi brevi, stemperava la tensione auspicando un cambio della situazione e poneva su di un nuovo piano l’evolversi dei rapporti tra le parti. Ciò che configura invece ora il Financial Times è un nuovo impasse che avvia ad una rottura definitiva.
Cosa potrebbe succedere in caso di chiusura definitiva delle trattative? Il quadro è stato delineato nei giorni passati proprio dalle autorità cinesi, ove si è ricordato come l’uscita dal mercato richiederebbe da parte di Google una serie di iniziative volte a garantire un passaggio morbido: autorizzazioni legali, garanzie per i dipendenti e quant’altro, il tutto con tempistiche necessariamente lunghe. Ed è pertanto questo un passaggio che potrebbe permettere a Google ed alle istituzioni cinesi una ulteriore appendice di dibattito. Il tempo va quindi a favore di una situazione che, in caso di frattura, non potrebbe che arrecare danno e caos. Caos nel quale sono pronti a gettarsi gruppi come Microsoft o Baidu, a cui un buco pari al 30% del mercato potrebbe ovviamente far gola. L’accordo tra Microsoft e Motorola relativamente a Bing potrebbe essere un primo passo in questa direzione.
Le trattative, secondo quanto indicato dalle parti, sono relative alla libertà d’azione di Google in Cina. Le istituzioni chiedono di controllare e filtrare le ricerche, Google chiede di poter fornire agli utenti tutto ciò che il motto “don’t be evil” comporta. Ma è ovviamente questa soltanto la parte dell’iceberg che spunta dalle acque torbide dello scontro. Acque dal quale trapelano tensioni manifestatesi già in ogni modo nell’ultimo bimestre, acque in cui rischia ora di affondare una situazione al “99.9%” compromessa.