L’indagine antitrust condotta dalla Commissione Europea sul comportamento di Google nel vecchio continente potrebbe giungere a conclusione entro la prossima primavera. A tornare sull’argomento è Joaquin Almunia, in occasione di un intervento di fronte ai membri del Parlamento Europeo, citando la nuova proposta inoltrata all’inizio del mese scorso dal motore di ricerca, i cui termini sono rimasti finora segreti e sulla quale fino ad oggi nessuno si era mai pronunciato in via ufficiale.
Siamo arrivati ad un punto chiave della vicenda. Ora, con significativi miglioramenti sul tavolo della discussione, penso ci sia la possibilità concreta di rimettersi al lavoro. Se le nostre indagini su questa proposta migliorata porteranno ad un esito soddisfacente, proseguiremo il nostro impegno per giungere ad una decisione formale la prossima primavera. Penso che la possibilità di un accordo rimanga la scelta migliore.
Dopo l’allontanamento delle parti registrato nei mesi scorsi, con il Commissario che ha definito insufficiente lo sforzo da parte del gruppo di Mountain View, si parla dunque nuovamente di una possibile conclusione “indolore” per bigG. Resta da capire quali ulteriori concessioni Google abbia messo sul piatto, pur di evitare una sanzione che da più parti era stata ipotizzata in una cifra intorno ai 5 miliardi di dollari. Di seguito sono riportati i termini contenuti nella proposta inviata all’antitrust europeo nel mese di febbraio.
- Più elementi per distinguere i link che promuovono i servizi di gestiti da Google (ad esempio Shopping), così da mettere in evidenza che si tratta di inserzioni a pagamento, rendendole differenti rispetto ai naturali risultati delle ricerche;
- maggiore separazione grafica per questi stessi elementi (tramite accorgimenti come l’utilizzo di frame);
- link verso tre servizi di ricerca specializzati e concorrenti mostrati vicino ai propri, in una posizione facilmente visibile agli utenti;
- un modo più semplice offerto a chi gestisce i siti per non comparire nelle ricerche specializzate di Google, senza penalizzare il loro posizionamento nelle SERP generali;
- un modo offerto ai servizi di ricerca specializzati (ad esempio di viaggi, mappe o ristoranti) per non essere indicizzati su Google e, di conseguenza, migliorare i risultati sulla propria piattaforma;
- nessun obbligo per gli editori, scritto o meno, di utilizzare le inserzioni pubblicitarie online di Google;
- nessun impedimento per gli inserzionisti di gestire campagne pubblicitarie su piattaforme concorrenti.
Per la valutazione di questa ennesima proposta saranno chiamati in causa anche i membri di FairSearch, realtà composta da Microsoft, Expedia, Foundem, Twenga e altre realtà che si sono dette danneggiate dai comportamenti anticoncorrenziali posti in essere dall’azienda californiana. L’unica dichiarazione proveniente da Google è stata affidata al consigliere generale Kent Walker.
Nonostante una competizione online in continua crescita, abbiamo preso la difficile decisione di adattarci alle richieste, con l’obiettivo di raggiungere un accordo.