Al momento l’annuncio dell’offerta pubblica delle azioni “GOOG” (Google) ha portato solo guai. Prima le leggi contro GMail, poi le varie cause legali sui possibili illeciti in promozioni e trademark del motore di ricerca, ora un problema strettamente inerente all’IPO: un ingente quantitativo di azioni elargite a dipendenti del gruppo è irregolare e la posizione va ora immediatamente sanata.
Le azioni nel mirino sono quelle rilasciate da Google tra il 2001 ed il 2004 a vecchi ed attuali dipendenti. In tutto le azioni rilasciate sono oltre 23 milioni (per 1105 dipendenti) ed ulteriori stock option sarebbero stati attribuiti ad altre 301 persone. Tali azioni furono vendute a prezzi tra i 30 centesimi e gli 80 dollari, cifre irrisorie rispetto agli attesi 108-135 dollari della quotazione in arrivo.
«L’offerta di opzioni e stock può aver violato la Securities Act del 1933»: la non registrazione delle azioni può dunque aver violato la legge di ben 18 paesi degli Stati Uniti, ponendo Google nella difficile situazione di dover sanare il tutto entro tempi molto contenuti. A tal fine i responsabili Google hanno dato la propria disponibilità a riacquistare le azioni (con i relativi interessi maturati), ma una parte dei firmatari non avrebbe accolto con molto favore la proposta ed avrebbe addirittura palesato l’intenzione di avviare un contenzioso legale contro il motore di ricerca.
Le azioni in causa, se soppesate sulle valutazioni attese per l’imminente “asta olandese”, giungono a valere globalmente oltre 3 miliardi di dollari. Su tale cifra si sono scatenate le critiche di chi nutre per l’IPO un atteggiamento di radicata diffida: l’iper-valutazione data alle azioni permetterebbe infatti a migliaia di dipendenti Google di trovarsi improvvisamente tra le mani una fortuna che in molti potrebbero non saper gestire. Di qui ad arrivare ai soliti timori per la bolla delle dotcom il passo è breve. Se non altro la nuova situazione emersa crea un problema cancellandone però dunque un altro.