Google ha fatto il punto sulle proprie azioni finalizzate a mantenere “pulito” il network di siti che fanno parte dell’offerta AdSense. L’obiettivo è infatti quello di mantenere alta la qualità dei contenuti e la serietà dei publisher in collaborazione, poiché da questo tipo di prodotti dipendono le performance delle inserzioni e la capacità di conversione su cui i clienti possono conseguentemente contare. E sulla base di quanto indicato nel nuovo Bad Ads Report 2016, per Google sono stati mesi di grandi purghe, confinando fuori dal network milioni di riferimenti precedentemente finanziati con spazi AdSense.
L’anno scorso abbiamo fatto due cose fondamentali per rimuovere gli annunci ingannevoli o pericolosi. Per prima cosa abbiamo esteso le nostre policy per proteggere meglio gli utenti da offerte fuorvianti o predatorie. […] In secondo luogo abbiamo rafforzato le nostre tecnologie così da poter individuare e rimuovere gli annunci pericolosi ancora più velocemente.
La purga ha interessato quindi anche le fake news, soprattutto quando prodotte in serie per catturare traffico approfittando dell’emotività e della credulità di utenti poco smaliziati.
Da novembre a dicembre dello scorso anno, abbiamo controllato 550 siti sospettati di ingannare gli utenti, compresi alcuni che simulavano siti di notizie. Siamo intervenuti su 340 di questi per violazione delle nostre policy e circa 200 publisher sono stati espulsi definitivamente dal nostro network.
Trattasi di interventi in grado di modificare parecchio la situazione poiché, spiega ancora Google nella propria disamina, pochi inserzionisti sono in grado spesso di raccogliere milioni di pagine viste. Le quali, conseguentemente, si trasformano (proprio grazie ad AdSense) in denaro. «Nel corso di un singolo intervento a dicembre 2016», continua il post firmato Scott Spencer, Director of Product Management di Google, «abbiamo bloccato 22 inserzionisti per cloaking, responsabili per un traffico di oltre 20 milioni di visualizzazioni in una sola settimana». Grazie ad una azione di questo tipo, viene meno l’interesse economico che sta dietro a queste visualizzazioni e vengono pertanto meno le motivazioni che spingono allo sviluppo delle truffe ivi correlate.
L’interesse, infatti, appare notevolmente accresciuto: la rappresaglia Google ha trovato molti più strumenti di inganno ed ha eliminato molti più siti e publisher rispetto agli anni passati: segno di un fenomeno difficile da contenere, ma che se lasciato libero potrebbe degenerare con effetti nefasti tanto per l’esperienza sul Web dei navigatori, quanto per gli inserzionisti che investono sugli spazi pubblicitari del colosso di Mountain View.
Nel solo 2016 sarebbero stati esclusi, ad esempio, 47 mila siti «che presentavano contenuti e prodotti legati a truffe sulla perdita di peso»; 15 mila siti «per via di software indesiderato e abbiamo disabilitato 900.000 annunci che contenevano malware»; 6000 siti «che tentavano di pubblicizzare merce contraffatta, come per esempio imitazioni di orologi di design». Grandi numeri e grandi interessi, quindi, che per Google rappresentano però la parte oscura di un network che intende invece garantire massima qualità ai propri inserzionisti.
L’azione di rimozione è legata però anche agli annunci: 68 milioni sono stati fermati «per violazione sulle norme sanitarie», 17 milioni in quanto legati al gioco d’azzardo e 80 milioni poiché finalizzati alla truffa dell’utente finale.