Il Dipartimento di Giustizia americano ha inferto un duro colpo, forse letale, alla proposta di accordo che Google ha avanzato nei confronti degli autori ed editori in causa con Google Books. L’intervento del dipartimento ha infatti tre caratteristiche che possono identificarlo come la goccia che farà traboccare il vaso: perchè giunge da un ambiente istituzionale, al di fuori delle battaglie interessate degli altri attori intervenuti; perchè esprime un’opinione netta e contraria; perché giunge in un momento cruciale del percorso decisionale del giudice.
In 31 pagine di analisi il Justice Department (DOJ) ha spiegato che, sebbene tra la prima e la seconda bozza vi siano stati importanti passi avanti, l’accordo ancora non dovrebbe essere accettato poiché non eviterebbe in alcun modo a Google di diventare monopolista per una importante e strategica fetta dei libri scannerizzati. Tutto verte infatti sui libri orfani, quelli per i quali l’autore non è reperibile e non è pertanto possibile certificare la volontà o meno di cedere i diritti. Google ha cercato di mettere questi ultimi nell’unico calderone preparato, gratificando l’editoria con un risarcimento e cercando in premio una sorta di celato controllo sui libri orfani.
Ma il tono più severo della bocciatura è relativo al possibile dolo insito nell’accordo: la bozza, infatti, sarebbe «un tentativo di usare il meccanismo della class action per implementare un accordo di business che va ben oltre la semplice disputa al centro della denuncia». In questo la voce del DOJ compone un coro unico con Microsoft, Amazon e tutti gli altri gruppi che si sono messi di traverso nel tentativo di Google di occupare il settore.
Il Dipartimento di Giustizia, però, è al tempo stesso pronto ad un atteggiamento costruttivo: boccia la bozza, ma boccia altresì una chiusura della disputa con una condanna. Una semplice sanzione, infatti, non risolverebbe in alcun modo il problema ed i pochi dollari in palio non determinerebbero una penale in alcun modo costruttiva. Le parti, dunque, dovrebbero continuare a trattare e la Corte dovrebbe promuovere ulteriori incontri per fare in modo che si possa giungere ad una conclusione positiva per tutti.
La patata bollente è nelle mani del giudice Denny Chin, a cui è richiesta una decisione che da più parti si vorrebbe evitata. Al giudice sono infatti in molti a suggerire un atteggiamento silente, un nuovo rinvio ed una decisione nulla. Qualsivoglia decisione, infatti, avrebbe un valore che va oltre il solo rispetto della legge sul copyright poiché in qualche modo la legge stessa verrebbe riscritta. L’invito del DOJ sembra essere l’ultima determinante opinione prima della scadenza: il 18 Febbraio la Corte farà conoscere le proprie conclusioni.