Si chiama Policy Violation Checker e si tratta di una tecnologia per la quale Google ha chiesto l’assegnazione di un brevetto all’USPTO (United States Patent and Trademark Office). Riducendo il tutto ai minimi termini può essere considerato come un sistema in grado di avvisare gli utenti quando il testo che si sta scrivendo potrebbe contenere elementi compromettenti oppure avere conseguenze negative, ad esempio sul luogo di lavoro o in ambito legale.
In altre parole, come oggi si dispone di algoritmi in grado di identificare errori ortografici o di sintassi in un’email, un giorno lo stesso potrebbe accadere con il contenuto dei messaggi. Nella documentazione si parla della possibilità di impiegare PVC in qualsiasi file (dai documenti ai fogli di lavoro, fino alle presentazioni) e su qualunque dispositivo (PC, smartphone, tablet, TV, set-top box). Il suo funzionamento è tanto complesso quanto semplice da spiegare: mentre si digita la tecnologia analizza il testo con l’obiettivo di individuare frasi, parole o riferimenti potenzialmente “a rischio”, confrontandoli in tempo reale con un database remoto. Nel caso di una corrispondenza l’utente viene immediatamente avvisato, con il software che illustra anche le alternative da utilizzare.
Questo può tornare utile ad esempio in ambito aziendale, dove è di primaria importanza evitare la fuga di informazioni riservate o il mantenimento di un tono professionale nel relazionarsi con colleghi e collaboratori. Le vere potenzialità del Policy Violation Checker sono però ben altre e potrebbero portare a un’accesa discussione fra tutori della privacy e chi auspica un maggiore controllo sulle comunicazioni online per garantire la sicurezza, sul Web ma anche nel mondo reale.
Si parla infatti in modo esplicito della possibilità di avvisare le autorità o gli organi competenti in caso di violazioni della legge o di un utilizzo improprio della Rete, ad esempio quando viene identificato lo scambio di materiale pedopornografico, la compravendita di narcotici, armi, comportamenti razziali o abusi di qualsiasi genere. Uno strumento di monitoraggio molto potente, dunque, che a un occhio critico appare come una sorta di Minority Report in salsa 2.0.
Google sa bene quanto la tutela della privacy rappresenti un tema importante e sentito dalla comunità online e, per chiarire le proprie intenzioni in merito alla questione, è intervenuta con una dichiarazione rilasciata dal portavoce Matt Kallman che spiega come al momento si tratta esclusivamente di un concept, non destinato al mercato.
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