La presa di posizione di Franco Frattini sulla ricerca sul web era parsa fin da subito imbarazzante: claudicante a livello legale, illogica da un punto di vista razionale, impraticabile dal punto di vista pratico, inutile dal punto di vista pratico. Frattini, infatti, ha esplicitamente auspicato un maggiore controllo sul web affinchè parole ‘pericolose’ non possano essere cercate e, parallelamente, concetti e contenuti pericolosi non possano entrare in possesso delle persone sbagliate.
Frattini non potrà nascondersi dietro un “non sono stato capito”: «proporrò che diventi penalmente perseguibile chi diffonde su Internet le istruzioni per fabbricare bombe […] intendo portare avanti un esercizio di esplorazione con il settore privato… su come sia possibile usare la tecnologia per evitare che la gente usi o cerchi parole pericolose come bomba, uccidere, genocidio o terrorismo». Nonostante il suo discorso con tutta evidenza non regga, Google ha comunque espresso la propria opinione in merito, ovviamente bocciando in toto la proposta e stigmatizzandola come un intervento censorio inutile e dannoso.
La voce ufficiale del motore è quella di Peter Fleischer, global privacy counsel di Google, sentito per La Repubblica da Alessio Balbi: «ci sono tante ragioni per le quali una persona potrebbe cercare su internet una parola come “genocidio”, ad esempio a scopo educativo […]». Secondo Fleisher, riporta l’articolo, la priorità nei controlli deve essere rivolta al processo di pubblicazione, «ma se una pagina esiste sul web Google deve essere in grado di trovarla». Insomma: una difesa d’ufficio al diritto di indicizzare le informazioni senza avere responsabilità sui contenuti trovati.
Va ricordato come Franco Frattini già nel 2005 fosse co-firmatario di una proposta per la creazione di un ente di controllo europeo avente il potere di monitorare i dati delle reti di comunicazione del vecchio continente. La proposta andò poi al macero tanto per problemi relativi alla tutela della privacy, quanto per l’alto costo che il tracciamento delle informazioni avrebbe rappresentato. Soluzioni meno rigide e più praticabili sono state proposte in seguito chiedendo agli ISP uno sforzo collaborativo per la conservazione dei dati di log.