L’ultima giornata a Wall Street è stata significativa. L’ennesimo rally, che prelude all’ennesimo capitombolo, non ha infatti visto tra i suoi attori il nome che, più di ogni altro, ha trainato i buoni auspici sulla borsa di New York negli ultimi anni: Google. A fine giornata eBay sale del 6.58%, Microsoft del 5.13%, Yahoo dell’8.73%, Apple addirittura del 12.56%. Google no, Google scende. E chiude a -1.9% con ulteriore flessione nell’after-hour.
Il gruppo che veleggiava sui 700 dollari per azione solo pochi mesi or sono, ora si trova a quota 260, cifra ben più vicina agli 80 di partenza che non ai 1000 nel mirino nel recente passato. Tutto è cambiato e, dopo alcune trimestrali dal valore assoluto opinabile, ora nuovi indizi sembrano voler far scricchiolare l’impero di Mountain View. Il primo indizio è partorito direttamente dal CEO Eric Schmidt, il quale per la prima volta si esprime sulla difensiva spiegando che il gruppo è intenzionato a tagliare sui costi ed eventualmente ad abbandonare parte della forza lavoro. Il numero degli interessati è molto alto (10 mila circa) e, benché non si tratti di cervelli direttamente impiegati negli uffici dell’azienda, è emblematico dell’attuale situazione. Google, infatti, ha recentemente chiuso alcuni progetti sui quali ha rinunciato ad investire, ha comunicato il taglio anche dei festeggiamenti natalizi, ha cambiato la policy per gli asili aziendali: i tagli e le incertezze che si accumulano hanno creato un clima diverso, quantomeno opposto dall’immagine tutta divertimento e palline colorate che i laboratori di Mountain View comunicavano fino a poco tempo prima.
Addirittura la Bernstein Research ha cambiato il proprio giudizio sulle azioni GOOG passando a “sell” (vendere), con uniformità di analisi anche sui pacchetti azionari Amazon, eBay, IAC/InterActiveCorp e Yahoo. Soltanto Google, però, ne ha pagato pegno a Wall Street. L’idea è quella per cui Google sia ben posizionata per recuperare appena l’economia si sarà stabilizzata, ma ad oggi anche il leader del settore dovrà inginocchiarsi al calo dei parametri che ne reggono il potenziale: meno ricerche, minori investimenti nell’advertising (abbassamento dei costi per singola keyword stimato nell’ordine del 5/30%), minori acquisti che si traducono in un minor tasso di paid-click.
Eric Schmidt, nello spiegare la situazione ai microfoni Bloomberg, ha spiegato che il gruppo intende sì tagliare i costi (cosa logica alla luce dell’attuale momento della finanza), ma ha altresì spiegato che Google continuerà ad assumere anche nei prossimi mesi, sia pur se a ritmo rallentato, perchè intende ancora investire su molte attività. «Google è in una buona posizione» ha spiegato il CEO: «noi guardiamo sempre al lungo periodo […] Stiamo facendo lo stesso tipo di eccitanti e pazze cose che Google ha sempre fatto».
A fine 2006 Google aveva 11mila dipendenti e le azioni valevano circa 500 dollari. A fine 2007 il picco oltre quota 700 dollari, con forza lavoro cresciuta costantemente. Oggi i cervelli all’opera negli uffici Google sono poco più di 20mila e le azioni hanno toccato i valori del lontano 2005, a quel livello stabile a cui il gruppo era giunto dopo la strabiliante ascesa iniziale seguita all’esordio in borsa a metà 2004. Nell’ultimo trimestre le assunzioni sono state nell’ordine delle 500 unità, un ritmo pari ad appena il 25% rispetto ad un anno prima.