Google e Apple, o più precisamente i produttori del mondo Android e la società di Cupertino, sono ormai da tempo impegnati nella cosiddetta “guerra dei brevetti”, ovvero uno scontro legale in cui sono in gioco la paternità di proprietà intellettuali, design e funzionalità dei dispositivi. Il caso più celebre è quello che vede coinvolti smartphone e tablet della linea Samsung Galaxy, iPhone e iPad, con sentenze del giudice e ricorsi in appello che ormai si susseguono dall’aprile 2011. Nel fine settimana il colosso di Mountain View ha risollevato la questione, chiedendo in modo esplicito al concorrente di lasciare che gli altri possano copiare o ispirarsi liberamente alle sue idee.
A farlo è Kent Walker, consigliere generale di Google, mediante una lettera inviata alla Commissione Giustizia del Senato degli Stati Uniti, riportata in parte sulle pagine di AllThingsD. In sintesi, bigG vorrebbe che la mela morsicata riconoscesse le sue tecnologie ormai utilizzate come standard, almeno quelle ormai impiegate da tutti i protagonisti del settore, consentendone l’accesso a chiunque desideri sfruttarle per la realizzazione di nuovi prodotti, oppure migliorarle a beneficio degli utenti.
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Un approccio respinto al mittente da Apple, attraverso la risposta di Bruce Sewell. Secondo il suo punto di vista, è impensabile che una società investa miliardi di dollari nella sperimentazione, nella progettazione e nello sviluppo di dispositivi e funzionalità per poi metterli liberamente nelle mani degli altri. Nel caso di iPhone, ad esempio, il modello di Cupertino ha saputo innovare il settore mobile con l’introduzione di alcune caratteristiche inedite come il display touchscreen, per essere poi copiato da decine e decine di alternative dei marchi più disparati.
La richiesta di Google si risolverà quasi certamente con un nulla di fatto, ma risulta comunque importante per capire la differente strategia adottata dalle due aziende, così come un approccio completamente diverso al mercato. Da una parte l’adozione di piattaforme software e architetture hardware aperte, dall’altra un’ecosistema proprietario utilizzato esclusivamente per i pochi dispositivi del proprio catalogo.