Google è stata citata in giudizio da trentasette Stati nord americani con l’accusa di avere abusato illegalmente della sua posizione dominante nella vendita e distribuzione di app attraverso il suo servizio Google Play Store per dispositivi mobili. Secondo la denuncia presentata ieri alla Corte Federale di San Francisco, il colosso di Mountain View avrebbe utilizzato tattiche anti-concorrenziali per contrastare i servizi di altre società e costringere così gli sviluppatori a passare attraverso il Google Play Store per raggiungere gli utenti, violando la legge antitrust statunitense. Essendo quindi l’unica società a fornire il servizio, avrebbe poi chiesto commissioni eccessive ai creators, fino al 30% sugli acquisti di app.
Google, nuova causa Antitrust in USA
Google è stata accusata anche di aver pagato Samsung Electronics Co., il più grande produttore al mondo di dispositivi con sistema operativo Android, per assicurarsi che l’azienda coreana non sviluppasse un suo app store concorrente. Ad ogni modo, per l’azienda, che è anche oggetto di un’indagine del Dipartimento di Giustizia, è la quarta causa antitrust avviata contro di lei negli ultimi tempi negli Stati Uniti, compresa quella che vede il Procuratore Generale del Colorado Phil Weiser “guidare” 38 Stati contro la società per alcune presunte irregolarità nelle sue attività di ricerca.
In risposta a queste nuove accuse, il gigante della tecnologia ha pubblicato un lungo post sul suo blog dove, tra una serie di statistiche sui benefici apportati nel mondo del mobile da Android e dal Play Store, il Senior Director of Public Policy di Google, Wilson White, difende ovviamente le pratiche societarie, e definisce quindi la causa giudiziaria “strana” e “infondata”. “Abbiamo creato Android per offrire più scelte nella tecnologia mobile. Oggi chiunque, compresi i nostri concorrenti, può personalizzare e costruire dispositivi con il sistema operativo Android, gratuitamente”, spiega poi White.
E ancora: “Abbiamo anche creato un app store, Google Play, che aiuta le persone a scaricare applicazioni in sicurezza sui propri dispositivi. Se un utente non trova quello che sta cercando lì, può scegliere liberamente di scaricare l’app da uno store rivale, oppure direttamente dal sito Web di uno sviluppatore. Noi non imponiamo le stesse restrizioni degli altri sistemi operativi mobili. Quindi è strano che un gruppo di procuratori generali dello stato abbia scelto di intentare una causa attaccando un sistema che offre maggiore apertura e scelta rispetto ad altri”.