Strana causa quella che vede coinvolto Google dalla parte dell’accusato e un privato dalla parte dell’accusa. Si tratta di un caso tutto incentrato sul concetto di “facoltativo” e sul metodo con il quale si compilano i form in rete.
David Almeida, infatti, voleva promuovere se stesso e la sua agenzia di investigazioni private attraverso i Google Ads, ma non voleva di certo acquistare spazi su siti terzi. Dunque quando ha incontrato il campo massima offerta per-click l’ha lasciato bianco, avendo anche letto accanto che era un campo facoltativo e pensando dunque che, non riempiendolo, non avrebbe preso parte a quella specifica sezione del programma.
Non era così, però: in realtà per non partecipare avrebbe dovuto mettere uno zero e quindi Google ha caricato sul suo conto anche le spese relative all’acquisto di pubblicità AdSense su siti di terze parti, notoriamente meno efficaci di quelle posizionate su Google. Il problema è che da nessuna parte è indicato che il campo vada riempito con uno zero per non partecipare, mentre di solito lasciare in bianco equivale a non partecipare.
All’accusa ci sarà Bian Kabateck, avvocato specializzato in pubblicità online e vecchio nemico dei motori di ricerca che ha vinto da poco un’importante causa contro Yahoo e che conosce bene anche Google. Più volte infatti l’ha affrontato in tribunale, non ultimo in una causa da 90 milioni di dollari per click fraud, nella quale ai commercianti è stata addossata la spesa di traffico infruttuoso generato dagli utenti che cliccano ripetutamente sulle pubblicità ma senza l’intento di comprare alcunchè.