Ancora problemi per Google. Dopo essere stata recentemente citata in giudizio da trentasette Stati nord americani con l’accusa di avere abusato illegalmente della sua posizione dominante nella vendita e distribuzione di app attraverso il suo servizio Google Play Store per dispositivi mobili, questa volta i guai arrivano dal Regno Unito. Quadi venti milioni di utenti, infatti, si sono uniti per intentare una class action da 920 milioni di sterline nei suoi confronti contro le commissioni del 30% pagate sul materiale virtuale acquistato sul Play Store.
Google e le commissioni
Secondo il reclamo, che è stato presentato al Competition Appeal Tribunal (CAT), dall’ex responsabile della politica dei consumatori di Citizens Advice, Liz Coll, Google avrebbe infranto le leggi sulla concorrenza europee e britanniche con il supplemento del 30% e, di conseguenza, starebbe addebitando in eccesso a milioni di utenti di app che effettuano acquisti tramite il Play Store. Secondo la signora Liz Coll, “Google ha creato il mercato delle app Android e lo controlla con una presa simile a una morsa”.
I clienti vengono indirizzati verso il Google Play Store e, una volta lì, non hanno altra scelta che pagare una commissione del 30% ogni volta che acquistano un’app o effettuano un acquisto in-app.
Ma non è tutto: sempre secondo l’ex responsabile della politica dei consumatori di Citizens Advice “gli app store concorrenti, che potrebbero fornire lo stesso servizio a prezzi più concorrenziali, non vengono presi in considerazione, poiché Google raggruppa il Play Store con altri prodotti e ne richiede la preinstallazione, i consumatori hanno poche alternative se non pagare le tariffe stabilite”. Dal canto suo, il gigante della tecnologia non ha ancora commentato la vicenda.
Ma nelle scorse settimane, chiamata in causa su argomenti analoghi, aveva risposto di aver creato Android per offrire più scelte nella tecnologia mobile, anche ai concorrenti, e Google Play Store per aiutare le persone a scaricare applicazioni in sicurezza sui propri dispositivi, ma senza imporre le stesse restrizioni degli altri sistemi operativi mobili e con la libertà per i fruitori di rivolgersi altrove se non trova quello che sta cercando lì.