Florian Muller, colui il quale con il suo blog “FOSS Patents” rappresenta oggi uno dei più affidabili riferimenti in termini di analisi della guerra dei brevetti in atto, non ha usato mezzi termini per descrivere la denuncia presentata da Google presso l’antitrust europea contro Nokia e Microsoft. Parole dure, supportate da una lunga dimostrazione a supporto: «vecchio vino in una nuova bottiglia».
Secondo Florian Muller, insomma, Google sta combattendo una battaglia già persa non una, ma più volte. al cospetto dell’ITC, anzitutto: l’International Trade Commission ha già rigettato medesimo teorema negli USA, mandando così nel vuoto il tentativo dei legali di Mountain View; ulteriore sconfitta è giunta con il giudice Theodore Essex e terzo knock-out è arrivato dall’Office of Unfair Import Investigations. In tutti questi casi la questione relativa a Mosaid, il gruppo a cui Nokia e Microsoft hanno affidato la gestione di 2000 brevetti considerati “essenziali”, è stata considerata “frivola” ed il castello accusatorio è pertanto caduto in disgrazia.
Secondo l’analisi di Muller, insomma, la denuncia Google non solo è destinata a non essere raccolta dalle autorità, ma sembra inoltre confermare quanto il gruppo stia cercando di affermare l’idea di una certa qual cospirazione nei confronti di Android. La teoria dell’accerchiamento vede Microsoft come grande orchestratore, Nokia come esecutore materiale e Mosaid come strumento, ma è questo un quadro che le autorità non hanno finora mai accettato.
A conferma di ciò, Muller aggiunge inoltre un dettaglio non di poco conto: Barnes & Noble, prima al fianco di Google in questa battaglia, è oggi tra i gruppi ad aver firmato un accordo con Microsoft per le licenze su Android. E la stessa Google avrebbe inoltre già firmato una licenza con la Mosaid, affermandone così la bontà del portfolio brevetti in dote ed escludendo la propria posizione da qualsivoglia diatriba.
Insomma, la denuncia non avrà probabilmente seguito ed è forse da ascrivere più ad una strategia comunicativa che non ad un reale problema di concorrenza. La parola va comunque all’antitrust europea, la quale dovrà confermare o smentire quanto più volte asserito dalle autorità USA sulla questione.