A partire dall’autunno scorso si è parlato più volte di una misteriosa chiatta galleggiante di Google, ancorata nella baia di San Francisco. Le prime ipotesi sulla natura del progetto sono state formulate immaginando la costruzione di un data center in grado di sfruttare l’acqua sottostante per il sistema di raffreddamento dei server, poi si è passati ad uno store per Google Glass e infine a spazi espositivi dove chiunque potrà entrare in contatto con le nuove tecnologie di bigG.
Non è ancora del tutto chiaro quale sia la reale finalità della struttura, ma una cosa è certa: non potrà sostare ancora dove si trova attualmente. La decisione è stata presa dalle autorità cittadine, in seguito ad un indagine della San Francisco Bay Conservation and Development Commission. Secondo quanto reso noto dal direttore Larry Goldzband, dopo aver preso in carico numerose segnalazioni e denunce in merito, è emerso che il gruppo di Mountain View non avrebbe ottenuto i permessi necessari per avviare l’opera di costruzione dalla Treasure Island Development Authority. La soluzione: spostare il tutto presso uno dei siti dove è consentito portare avanti i lavori.
Google ha dichiarato l’intenzione di analizzare nel dettaglio la lettera ricevuta da Goldzband, per poi decidere il da farsi. Fonti interpellate dalla redazione della testata SF Examiner sostengono che bigG stia pagando circa 79.000 dollari al mese alla Treasure Island Development per l’affitto dello spazio occupato.
Resta ancora da capire quale sarà la vera funzione di queste strutture. Una simile a quella di San Francisco (a quattro piani) è ormeggiata sulla East Coast, dunque il progetto non riguarda solamente la città californiana. Di seguito, l’ultima dichiarazione ufficiale rilasciata da bigG sulla questione.
Le chiatte di Google… Un data center galleggiante? Una nave per party sfrenati? Un container per l’ultimo dinosauro vivente? Sfortunatamente, nulla di tutto questo. Anche se è ancora presto per parlarne in modo ben definito e le cose potrebbero cambiare, stiamo valutando l’idea di utilizzare le chiatte come uno spazio interattivo dove le persone possono conoscere le nuove tecnologie.