Nel giorno in cui Microsoft presenta la propria suite Office 2010 per una prima distribuzione dedicata ai canali aziendali, Google tenta di cogliere la scia del rivale per portar acqua al mulino di Google Docs. Il concetto espresso è semplice: usare la suite online di Google permette di estendere alla rete la produttività, ottenendone forti vantaggi anche in ambito aziendale. Google suggerisce insomma alle aziende che adottano Office di aggiungere alla propria dotazione anche la suite Google, usandola in modo complementare e raccogliendo così maggiori opportunità. Ma Microsoft non ci sta e avverte gli utenti: Google Docs ed Office non sono complementari e l’adozione di Google Docs, anzi, può essere un danno.
Entrambe le parti propongono ovviamente tesi favorevoli alla propria offerta, ed entrambe le parti hanno la loro dose di ragion veduta. In questa circostanza, però, Microsoft sembra avere dalla propria parte la forza dei numeri. Alex Payne, su blog TechNet, ha infatti voluto spiegare come l’adozione di Google Docs possa essere nociva nell’apertura dei file Office poichè implica la perdita di importanti componenti che, una volta convertito il file, non possono più essere recuperate. Il passaggio Office – Docs – Office, insomma, è un passaggio viziato nel quale si perdono informazioni senza la possibilità di ripristinare alcunché.
Google Docs, insomma, è un pericolo potenziale per qualsiasi file convertito e, soprattutto con i vecchi file, rappresenta una minaccia da evitare. Il tutto è stato spiegato inoltre con un filmato riassuntivo che rende evidente il concetto:
L’attacco a Google non finisce qui: Payn ricorda ad esempio la semplicità d’uso di Windows Live SkyDrive e l’assenza di una soluzione offline per Sharepoint Wordspace 2010 («sono orgoglioso di non aver scelto Google Gears per portare SharePoint offline, visto che questa tecnologia è scomparsa»).
“Software plus Service”, in Microsoft, è un concetto che non contempla ad oggi il nome Google. Le utility per l’apertura dei file online, però, ci sono e saranno moltiplicate. Anche Google, insomma, ha la sua parte di ragione: l’accordo non si trova però ovviamente sul chi si debba avvantaggiare per la conquista della produttività nel “cloud”.