Google Drive è stato presentato da poche ore in qualità di servizio di archiviazione remota dei file, sfidando in tal senso realtà quali Microsoft SkyDrive o Apple iCloud. Tuttavia a distanza di poche ore dall’annuncio Google riprende in mano la situazione tramite il responsabile Sundar Pichai per una significativa precisazione: Google Drive non è un elemento a sé stante, ma è piuttosto il tassello di un progetto ben più ampio, ambizioso e lungimirante su cui il team di Mountain View sta lavorando ormai da tempo.
Google Drive, infatti, in prospettiva è destinato a divenire l’unità di memorizzazione remota con cui il gruppo andrà a completare il proprio concetto di Chrome OS. L’idea è quella di un computing basato completamente sul cloud, quindi Google Drive è destinato ad entrare a far parte dell’offerta Chromebook trasformandosi in una appendice di memoria residente sui server di Mountain View. Ogni file memorizzato, insomma, invece di essere archiviato in locale sarà inviato sui server deputati alla gestione degli stessi e richiamato nel momento in cui il client ne farà richiesta.
Ad oggi il tutto appare ancora frutto più di una chimera che non di un vero e proprio concept di mercato, ma il lavoro proposto è dichiaratamente di lungo periodo: l’unione tra Google Drive e Chrome OS dovrebbe avvenire con la versione 20 del sistema operativo (la cui versione attualmente in fase di test è la numero 19) ed andrebbe ad estendere quel che oggi già Google propone tramite il proprio Google Documenti.
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Il salto previsto è insomma ampio: Google Drive non è più interpretabile come una semplice opzione, ma è parte integrante di un processo che Google intende proporre poco alla volta, mettendo a posto i singoli tasselli in parallelo a quel che l’innovazione tecnica propone. I Chromebook sono soltanto l’inizio di un percorso, insomma, mentre Google Drive è un traguardo volante noto ed atteso che arriverà nei prossimi mesi a completare il senso compiuto dell’intera opera.
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