Google, più volte in passato, ha rimandato al mittente le richieste dell’organo russo Roskomnadzor circa la necessità di censurare il suo motore di ricerca in conformità con le leggi locali. Il cosiddetto Servizio federale per la supervisione nella sfera della connessione e comunicazione di massa, che controlla le comunicazioni e relativo oscuramento in Russia, ha riferito di aver ripetutamente invitato il colosso del web di indirizzare le ricerche dei cittadini verso il sistema di filtraggio online del governo.
Una legge approvata nel paese lo scorso anno prevede infatti che i motori siano collegati al sistema di informazione statale federale (FGIS), per consentire al Cremlino di monitorare i risultati. Aziende come Yandex, Sputnik e Mail.ru hanno tutte, ovviamente, rispettato il FGIS mentre Google no.
Dopo aver subito già una multa di 500 mila rubli, per aver violato la legge, ora la società rischia una vera e propria censura, un po’ come quella attuata da anni in Cina. Secondo un rapporto di Interfax, la Russia potrebbe passare a bloccare completamente Google se il modus sarà ancora quello di ignorare le richieste del Cremlino.
Google non ha accettato di rimuove, ciecamente, i link dall’elenco dei corpus di ricerca” – ha detto un portavoce del gruppo statunitense – e c’è un motivo: esaminiamo i collegamenti inviati sulla base di uno per uno e interveniamo solo dopo la revisione.
Questa non è la prima volta che Big G va contro normative bolsceviche. Nel 2017, l’azienda è stata bandita dal rende disponibile il motore di ricerca sugli smartphone Android venduti nel paese, dopo un reclamo del rivale Yandex. Come parte di un accordo tra le due aziende, si è poi impegnata a offrire ai russi una scelta circa il servizio predefinito, piuttosto che rendere la sia piattaforma l’unica opzione. E non è tutto: nei mesi scorsi ha dovuto pagare una multa di 440 milioni di rubli per volontà del Servizio antimonopolistico federale russo (FAS).