Il giudice distrettuale Denny Chin ha imposto il proprio ultimatum: entro il 15 settembre Google e la The Authors Guild and the Association of American Publishers dovranno trovare un accordo perché, in caso contrario, sarà la Corte a stabilire il calendario delle prossime discussioni per avviare il caso a chiusura certa.
Le parole del giudice Chin sono state estremamente dure in tal senso: dopo anni di discussione, infatti, le parti non sono ancora giunte ad un accordo ed ora la “frustrazione” (esattamente la parola utilizzata a descrizione del momento) è troppa per concedere ulteriori dilazioni nei tempi. Dopo l’ultimo respingimento relativo ad un accordo sulla base di 125 milioni di dollari, quindi, le parti debbono trovare un nuovo equilibrio che si allinei ai dettami imposti dopo le ultime sentenze di inizio anno.
L’accordo tra Google e gli editori deve infatti prevedere una logica di “opt-in” invece di quella di “opt-out” proposta in fase iniziale. Quest’ultima indicazione è scaturita in seguito alle proteste di Microsoft ed Amazon che vedevano nell’accordo il tentativo da parte di Google di ritagliarsi un vero e proprio monopolio sui volumi “out of print”. Google intendeva infatti concedere l’opt-out agli editori, ma parte di questi ultimi non sarebbero potuti essere rintracciati poiché non pervenuti, non conosciuti o non reperibili. Il giudice ha invece imposto approccio opposto: soltanto i volumi i cui diritti sono certificabili potranno rientrare nell’accordo tra le parti.
Michael Boni, legale attivo in rappresentanza degli editori, ha spiegato che le parti stanno discutendo i termini di un possibile nuovo approccio: il giudice ha però ora imposto una scadenza e pertanto le parti dovranno forzatamente mollare la presa se intendono pilotare l’accordo al di fuori di quanto deciso dalla Corte.