Big G da una parte, Big Blue dall’altra. In mezzo un vecchio concetto che nel presente urla ancora tutto il proprio carico rivoluzionario: il cosiddetto Cloud Computing. Google e IBM, infatti, hanno trovato nell’ambito un forte punto di interesse comune sul quale intendono sviluppare progetti cooperativi di ricerca per tentare di affondare il colpo in quello che sarebbe un cambio di paradigma fondamentale per il mondo dell’informativa.
Riuscire ad imporre il Cloud Computing, infatti, significherebbe in qualche modo stravolgere quella che è l’attuale impostazione del mondo che ruota attorno ai personal computer. Così facendo entrambe le aziende avrebbero forte vantaggio concorrenziale sul mercato e, al tempo stesso, il mercato si gioverebbe di una filiera produttiva dagli indubbi vantaggi. Non tutto è oro quel che luccica, però: il settore paga ancora gravi colli di bottiglia difficili da superare e tali da limitare l’imporsi del processo.
Tra le parti sembra esserci pieno accordo: da una parte Google vede in IBM un partner fondamentale; dall’altra IBM sottolinea come le parti sono destinate a viaggiare parallelamente senza pestarsi i piedi nei rispettivi mercati di competenza (consumer per Google, business per IBM). L’accordo è stato formalizzato con una stretta di mano tra Eric E. Schmidt e Samuel J. Palmisano lo scorso dicembre ed ora i primi frutti stanno per essere raccolti.
Il primo progetto galleggia su qualcosa come 30 milioni di dollari per un centro di calcolo da 1600 processori. Le università (MIT, Carnegie-Mellon, Washington, Stanford, Berkeley) sono pesantemente coinvolte nel processo progettuale e probabilmente saranno proprio gli studenti i primi tester ed i primi beneficiari dell’enorme capacità di calcolo che il duo Google/IBM intende mettere in piedi.