Google, qualche giorno fa, è stato ammesso dalla Federal Communication Comminssion, l’organismo americano preposto, come partecipante qualificato all’asta che assegna i diritti per la gestione di circa un terzo delle frequenze wireless sul territorio americano (Reuters).
L’asta comincerà domani e verrà realizzata seguendo una modalità “blind”, ovvero nessuno potrà sapere chi si nasconde dietro ciascuna offerta.
Al di la delle questioni prettamente tecniche legate agli aspetti tecnologici, il dato di fatto è che, acquisendo tali diritti, Google entrerebbe a pieno titolo nei mercati della telefonia mobile e dei servizi Internet. Potrebbe quindi erogare direttamente i propri servizi wireless o cedere a terzi una parte dei diritti acquisiti.
La partita però non si annuncia semplice, i concorrenti già presenti nel settore sono piuttosto agguerriti. Gestori tradizionali come AT&T e Verizon parteciperanno attivamente all’asta in questione.
Dichiarano, infatti, in modo ufficiale, di aver bisogno di un quantitativo di banda maggiore per poter ampliare la gamma dei loro servizi, da Internet alla televisione.
È plausibile che, alle ragioni ufficiali, si affianchino tuttavia anche considerazioni molto più prosaiche legate alle minacce che un concorrente come Google, altamente innovativo e fortemente integrato a valle, potrebbe portare in un settore sostanzialmente stabile.
E qui entra in gioco il concetto di integrazione verticale.
Ma, giusto per dare un idea anche a chi non avesse familiarità con il concetto, che cosa si intende con “integrazione verticale”? Si tratta di un concetto economico che è nato e si è diffuso nel secolo scorso. L’idea di base è semplicissima: immaginiamo di produrre e vendere delle torte. Supponiamo che un bel giorno cominciamo a fare due conti sui costi di produzione. Nel far questo ci accorgiamo che se acquistiamo burro, uova, farina e zucchero dai nostri fornitori tradizionali spendiamo una certa cifra, diciamo 100. Se però acquistiamo una fattoria, un campo di grano ed un caseificio il costo unitario delle materie prime si abbassa ad 80.
Ebbene, sulla base di questa valutazione, potremmo avere interesse ad integrare verticalmente la nostra azienda acquistando la fattoria, il campo di grano ed il caseificio perché vi sono notevoli risparmi ovvero, in linguaggio economico, della economie di costo.
Questo, in senso molto ampio, è il concetto classico. Fatto salvo il settore delle materie prime, nell’economia moderna le motivazioni dei processi d’integrazione verticale sono in molti casi diverse, generalmente riconducibili al controllo delle fonti di approvvigionamento, degli input produttivi o dei processi.
In altri termini, alcune aziende effettuano delle scelte strategiche finalizzate al presidio di quegli ambiti che consideriamo vitali nel loro processo di produzione del valore.
Ovviamente l’integrazione verticale è una delle strategie possibili, non è l’unica ne necessariamente la migliore. Dipende, come sempre, dai contesti competitivi e dalle risorse dell’azienda.
È chiaro che le motivazioni che spingono Google ad entrare sul mercato Wireless saranno molte ed è altrettanto evidente che alcune di queste saranno note solo al management della società.
Però, a grandi linee, credo sia possibile farsi un’idea di massima riguardo gli scenari competitivi emergenti e le risorse che la società ritiene essenziali per il suo sviluppo nel prossimo futuro.
Una valida ragione di breve termine, per così dire “lapalissiana”, di questa scelta può essere riassunta da un dato sintetico che lascia spazio a pochi commenti: il settore del Wireless negli Stati Uniti ha fatturato nell’ultimo anno 95 miliardi di dollari. Ma probabilmente, benché importante, questa motivazione non è quella fondamentale.
Nel medio?lungo termine, tornando al nostro esempio della “produzione di torte”, pare che il management di Google consideri molto importante acquistare la “fattoria”. Ovvero sembra che consideri un asset strategico fondamentale il controllo dei mezzi attraverso i quali vengono erogati i suoi contenuti ed abbia dunque deciso di provare ad integrarsi verticalmente.
Credo che si possa delineare il quadro complessivo se a questo, aggiungiamo il fatto che l’azienda probabilmente intravede potenziali sinergie con altri servizi attualmente esistenti o progetti in fase di sviluppo.
Esempi? Alcune delle applicazioni di Google sono già disponibili sui cellulari (mail, chat, mappe e persino la pubblicità), la diffusione del VoIP con Google Talk, i social network con lo sviluppo delle API, YouTube, ecc.
In altri termini, tutte iniziative che potrebbero trovare sbocchi commerciali (per noi…) inediti qual’ora la società avesse accesso ai mercati della telefonia e dei servizi Internet.
Sicuramente si tratta di una sfida molto importante per la società di Mountain View e le premesse perché possa aver successo ci sono… ma non è detto…
Innanzi tutto perchè la concorrenza per l’assegnazione delle frequenze è veramente molto forte.
Poi, ammesso e non concesso che Google vinca l’asta, il fattore cruciale che può decretare il successo o l’insuccesso dell’iniziativa è, come in ogni processo di integrazione verticale, lo sviluppo delle competenze distintive che qualificano i settori in cui l’azienda intende entrare.