Un quarto di miliardo di dollari in una sola startup. Mai Google aveva investito tanto attraverso il suo fondo Ventures, ma nel caso di Uber, la notissima e discussa applicazione che ha stravolto il mondo della mobilità in auto a noleggio, evidentemente si procede per eccezioni. E così, mentre in Italia i tassisti fanno la guerra a questa startup, gli analisti calcolano che il suo valore attuale si aggira attorno ai 3,5 miliardi di dollari.
La vicenda di Uber è nota: il suo fondatore Travis Kalanik ha pensato a un’applicazione per smartphone che mettesse in rete gli autisti privati con l’esigenza di spostamento delle persone disposte a pagare un sovrapprezzo per un servizio più efficiente e personalizzato. Nel giro di pochi anni Uber ha cambiato le regole, andando ad intaccare anche i servizi di taxi, pur essendo formalmente un servizio differente, e mandando all’aria decenni di convivenza più o meno accettata tra le città e le auto a chiamata. Trasformandole, diciamola tutta, in città più smart.
Una svolta che non ha fatto piacere a tutti, scatenando polemiche fortissime in molti paesi, Italia compresa, e persino una interrogazione europarlamentare. Ora però l’indiscrezione su questo round di investimento di proporzioni eccezionali mostra come questa società sia tutt’altro che in difficoltà sui mercati e che forse lobbies e politica dovrebbero pensare a come integrare le novità portate dall’Information Technology invece di ostacolarle.
Uber ha cominciato con l’iPhone, ma c’è anche Android
L’investimento di Google Ventures è stato condotto da David Drummond, a dimostrazione dell’interesse diretto di Mountain View – che pure è esterna al fondo di investimento che porta il suo nome e non compare nei documenti – in questa startup i cui ricavi sono in crescita del 18 per cento ogni mese, conta oggi circa 320 dipendenti, capace di conquistare 35 città di 14 nazioni, aggiudicarsi il servizio taxi di New York e di crescere a una velocità tale (quanto quella di eBay) da aver convinto Drummond a investire 258 dei 300 milioni di dollari disponibili all’anno.
Il motivo è semplice da intuire: Uber punta tutto sugli smartphone, che integrano le funzioni di mappe, calcolatore della tariffa e del tempo della corsa, di prenotazione del servizio e del suo pagamento. Dopo un inizio con l’iPhone ora l’applicazione su Google Play (aggiornata ieri) è parecchio scaricata e l’intenzione di Big G è impedire che i futuri servizi di questa applicazione vengano offerti solo su iPhone.
I numeri
Il 2013 è stato senza dubbio l’anno dei servizi di auto on-demand. Lyft, un concorrente di Uber, ha raccolto 60 milioni di dollari, mentre Hailo ha convinto l’onnipresente Richard Branson della Virgin a staccare un assegno di 50 milioni. La portata degli investimenti su Uber però è più importante, tanto che alcuni cominciano a immaginare una prossima quotazione in Borsa. Oltre ai 258 milioni di Google Ventures, infatti, bisogna considerare anche i quasi 90 milioni di TGP, una grande società di private equity. Un anno e mezzo fa Uber raccoglieva 37 milioni dollari da investitori come Menlo Ventures, Benchmark Capital e Goldman Sachs, e la società era valutata un terzo di miliardo. Nei mesi successivi Uber ha raccolto altri 125 milioni di dollari e sembra non fermarsi più.