L’indagine per fare chiarezza su una presunta evasione delle imposte da parte di Google in Francia prosegue. Nella mattinata di oggi, un centinaio di agenti avrebbero fatto visita alla sede della società a Parigi, con l’obiettivo di raccogliere prove e informazioni. Il raid è stato confermato da fonti interne alle forze dell’ordine, attraverso la redazione della BBC, mentre il gruppo di Mountain View non ha ancora rilasciato alcun commento in merito.
Secondo l’accusa, bigG dovrebbe al fisco francese un totale pari a 1,6 miliardi di dollari per via delle tasse non pagate. La questione sul tavolo è sempre la stessa, ormai da anni: alcuni colossi del settore tecnologico (e non solo) ricorrerebbero alla fatturazione dei propri servizi attraverso sedi ubicate in paesi dove la pressione fiscale è minima, ad esempio la Repubblica d’Irlanda, evitando così di versare le imposte nei territori in cui realmente operano. Una procedura consentita, almeno stando alle normative vigenti, ma che ha sollevato più volte proteste e perplessità, anche in Italia, sia tra le istituzioni che nell’opinione pubblica.
Nel Regno Unito, invece, il motore di ricerca è giunto nei mesi scorsi ad un accordo da 130 milioni di sterline per scongiurare il rischio di cause o vertenze legali. Una cifra ritenuta troppo bassa, da alcuni organismi come il PAC (Public Accounts Committee), se rapportata con il reale volume d’affari mosso da Google nell’area UK nel periodo compreso tra il 2005 e il 2015.
Restando in tema, nel mese scorso l’Unione Europea ha stabilito che le grandi aziende operanti nel vecchio continente dovranno obbligatoriamente pubblicare report dettagliati sulle tasse versate in ogni singolo paese UE. Un’imposizione che fonda le proprie basi nell’esigenza di fare chiarezza, almeno finché non sarà disponibile una legislazione precisa e applicabile a tutti gli stati membri.