Il Dipartimento di Giustizia USA ha tentato di mettere le mani sul database di Google facendo ricorso ad un giudice federale. La risposta è stata un netto “picche”, la domanda è stata rispedita al mittente e, ora come ora, Google non ha dato accesso alle proprie query. Google ha sottolineato, all’interno della propria risposta, quello che sarebbe il più grave rischio derivante dall’apertura del proprio database, ovvero l’esposizione di dati sensibili.
Il motivo che ha spinto il Dipartimento a chiedere a Google dati interni al database è la volontà di avere a disposizione statistiche correlate alla ricerca di materiale pornografico online, il tutto al fine di tutelare i minori sul web dimostrando l’inefficacia dei filtri software. Google ha giudicato la richiesta come non sufficientemente motivata, ha rincarato la dose valutando come molto onerosa l’operazione ed ha infine declinato l’invito. Yahoo ed MSN Search, diretti concorrenti del motore di Mountain View, hanno tenuto invece un comportamento contrario aprendosi fin da subito alla collaborazione con gli organi federali (pur precisando di aver offerto una collaborazione basilare e tale da difendere completamente la privacy dei propri utenti).
Se l’utenza è il principale asset delle aziende titolari di motori di ricerca, un’iniziativa in grado di infastidire l’utenza stessa potrebbe rivelarsi estremamente dannosa per chiunque possa uscire male da tale vicenda. La resistenza di Google è dunque ampiamente motivata, come ampiamente motivate possono essere le silenti collaborazioni coperte dal basso profilo tenuto da MSN e Yahoo.
Google non ha sbandierato solo la tutela della privacy della propria utenza come elemento primario di difesa, ma ha inoltre evidenziato il fatto che il database è un database proprietario il cui uso libero va contro i principi stessi dell’azienda. Google ha chiosato confermando la volontà di respingere con forza le richieste del DoJ (Department of Justice) e tale resistenza dura ormai dall’Agosto 2005, quando il dipartimento ha ricevuto i primi risultati dai motori concorrenti all’unico fermo sulle barricate difensive. Il braccio di ferro non si fermerà presumibilmente qui e le dichiarazioni di fermezza di Google verranno sicuramente messe alla prova da una più incisiva pressione governativa.