I Google Glass possono aiutare i bambini autistici a leggere le espressioni facciali per valutare le emozioni delle persone e a socializzare con gli altri. Lo rivela un nuovo progetto pilota denominato Superpower Glass, condotto dalla Stanford University School of Medicine e pubblicato sulla rivista npj Digital Medicine.
Non si hanno più notizie ufficiali sui Google Glass da ormai molto tempo in quanto Alphabet si sta concentrando al loro sviluppo in ottica business, non consumer, ma i ricercatori hanno trovato un altro modo per sfruttarne le potenzialità: quello di aiutare i più piccoli affetti da autismo, un disturbo che ostacola la capacità di una persona di comunicare con gli altri.
Nello specifico, il team di Stanford ha utilizzato gli occhiali intelligenti connessi a Internet insieme a un software di riconoscimento facciale che, su uno smartphone, lavora in abbinamento con la fotocamera dei Google Glass per leggere le espressioni facciali e fornire spunti sociali, notificando sul dispositivo le espressioni e le emozioni delle persone con le quali i bambini stavano interagendo. L’app determina quindi quale delle otto espressioni facciali principali le persone stavano mostrando (felicità, tristezza, rabbia, disgusto, sorpresa, paura, indifferenza o disprezzo) comunicandole al bambino tramite l’altoparlante integrato negli smartglasses e il display.
Nel test, 14 bambini dai 3 ai 17 anni hanno utilizzato tale soluzione in casa per circa 10 settimane dopo le quali 12 famiglie hanno riferito che i loro figli avevano mostrato dei progressi e dei sintomi meno gravi. Più esattamente, riuscivano a stabilire più facilmente un contatto visivo e a relazionarsi meglio con gli altri, anche a scuola, con un insegnante che ha comunicato ai genitori di un bambino che erano stati fatti miglioramenti in classe.
Sebbene sia importante notare che tale progetto pilota non ha incluso dei controlli da parte dei ricercatori per verificare se la configurazione dei Google Glass abbia avuto effettivamente un ruolo significativo nei risultati, la prospettiva di utilizzare la tecnologia per assistere persone con disabilità è irresistibile. Non solo gli occhiali intelligenti del gigante californiano sono stati usati a questo scopo: nel 2014, anche Samsung aveva rilasciato un’app per aiutare i bambini autistici a migliorare le proprie capacità di comunicazione; l’azienda Mightier ha sviluppato una piattaforma di gioco per aiutarli a imparare a controllare le loro emozioni; il MIT ha proposto un prototipo di app per smartwatch che analizza il parlato e il tono vocale per determinate lo stato emotivo del soggetto disabile, e Microsoft è intenzionata a investire 25 milioni di dollari per un programma di accessibilità basato sull’intelligenza artificiale.