Quando si pensa a Google come posto di lavoro si è soliti immaginare uffici spaziosi, angoli per rilassarsi e socializzare con i colleghi, passatempi di ogni tipo a disposizione e così via. Un’idea rafforzata dai numerosi riconoscimenti che nel tempo sono stati assegnati al gruppo di Mountain View per quanto riguarda le politiche di gestione del personale. Essere dipendenti di una realtà come bigG, oltre a tantissimi “pro”, presenta però anche qualche “contro”.
Stando ad un’indagine condotta internamente per mezzo del programma gDNA, è emerso che il 69% di chi lavora per l’azienda non è in grado di lasciare i propri impegni e le proprie responsabilità in ufficio, finendo con il portarle a casa. Questo rappresenta una fonte di stress, problema subito preso in considerazione dal motore di ricerca. La soluzione proposta è piuttosto semplice, ma potrebbe rivelarsi efficace: il programma Google Goes Dark prevede che, una volta terminato il proprio turno, i dispositivi utilizzati in ambito professionale (smartphone, tablet, notebook ecc.) vengano abbandonati sulla scrivania fino al giorno successivo.
Questo dovrebbe contribuire ad evitare comportamenti come un controllo continuo e quasi compulsivo della posta elettronica per rispondere alle comunicazioni lavorative da casa, segnando così un confine ben preciso tra la vita professionale e quella privata. L’obiettivo dell’esperimento è duplice: garantire il benessere dei dipendenti e di conseguenza incrementare la loro produttività. La fase di test ha già preso il via negli uffici di bigG a Dublino, in Irlanda, e in caso di esito positivo l’iniziativa verrà probabilmente replicata anche nelle altre sedi del gruppo.
Chi desidera approfondire la questione (magari prendendo spunto per proporre qualcosa di simile nella propria azienda), può consultare il lungo e dettagliato intervento sulle pagine del sito Harvard Business Review firmato da Laszlo Bock, da oltre dieci anni alla guida del reparto People Operations di Google.