Con il suo prezzo fissato a soli 49,00 dollari al lancio, il nuovo Google Home Mini ha tutte le carte in regola per diventare un best seller nella categoria degli smart speaker. Tra i primi a testare il dispositivo, coloro che lo hanno ricevuto all’evento di presentazione del 4 ottobre, c’è però chi segnala un comportamento anomalo riportando in auge la discussione relativa ai potenziali rischi per la privacy connessi all’utilizzo di un device simile all’interno dell’ambito domestico.
Artem Russakovski del sito Android Police si è reso conto di come la sua unità registrasse ogni rumore, suono e parola senza soluzione di continuità, 24 ore al giorno, sette giorni su sette, caricando poi i file audio così generati sui server di Google. Un comportamento non in linea con le funzionalità dell’altoparlante, che dovrebbe invece entrare in azione solo quando attivato tramite keyword (“Ok Google” o “Hey Google”) oppure premendo il pulsante fisico posizionato sotto la superficie in tessuto. Non appena messo a conoscenza del problema, il team di supporto di bigG è intervenuto.
L’intoppo sarebbe causato da un errato funzionamento del tasto, che per ragioni non meglio avvia l’acquisizione anche quando non viene toccato. Google ha così deciso di bloccarlo da remoto, via software, in attesa di poter trovare una soluzione definitiva senza compromettere la qualità dell’esperienza offerta. Al tempo stesso, il gruppo di Mountain View assicura che i file audio involontariamente caricati dagli utenti sui server sono stati eliminati e che le unità acquistate durante la fase di pre-ordine (a differenza di quelle fornite alla stampa in occasione dell’evento) non sono affette dal problema.
Siamo a conoscenza di un problema che interessa un piccolo volume di Google Home Mini e che può causare un comportamento non corretto del meccanismo touch. Oggi abbiamo rilasciato un aggiornamento software per risolverlo.
Nessun rischio per la privacy, dunque, almeno stando a quanto afferma l’azienda californiana. Di fatto, però, quanto accaduto eleva per forza di cose la soglia d’attenzione nei confronti di quei dispositivi potenzialmente in grado di spiare la vita degli utenti nella loro sfera più privata, quella domestica.