La battaglia tra MPAA e Hotfile continua senza sosta. Negli ultimi giorni, però, è entrato in scena un nuovo nome che, a sorpresa, si è schierato dalla parte del digital locker: trattasi di Google, cui la richiesta da parte delle major di bloccare definitivamente Hotfile è giunta come una minaccia per la presenza online di numerosi servizi apparentemente legali. L’azienda di Mountain View, insomma, invita i giudici a riflettere attentamente sul da farsi e le major a non travisare le leggi.
La difesa di Google nei confronti di Hotfile si articola in più punti, ciascuno dei quali ha l’obiettivo di smantellare una diversa accusa mossa dall’industria cinematografica sia al digital locker in questione che all’intero settore. Il gigante delle ricerche, infatti, sostiene in primo luogo che, a differenza di quanto sostenuto dalla MPAA, anche tali servizi siano coperti dalla DMCA e che dunque bisogna agire in rispetto di tali principi.
Qualora dovesse giungere una sentenza favorevole alle major, continuano i legali di Mountain View, la chiusura di Hotfile metterebbe seriamente a rischio le attività di portali quali YouTube, Facebook e Wikipedia. Una difesa, insomma, del tutto interessata.
Se la richiesta di chiusura da parte dell’industria cinematografica basava le proprie fondamenta sulla presunta natura di Hotfile volta esclusivamente alla diffusione di materiale protetto dal diritto d’autore, poi, Google ha tenuto a sottolineare come non sia importante la quantità di violazioni messe in atto mediante i server della società, bensì il fatto che essa sia o meno al corrente di quanto compiuto dagli utenti. Che vi sia un solo file incriminato oppure un milione, insomma, il succo della questione non cambia: Hotfile nasce come servizio legale per l’upload di file personali e non può essere chiuso per le motivazioni additate dalla MPAA.
La dimostrazione del teorema circa la legittimità delle attività promosse da Hotfile continua poi passando in rassegna un altro punto cruciale quale quello dei filtri che le major hanno invitato ad inserire, senza tuttavia ottenere successo. Google sostiene dunque che anche qualora i digital locker si rifiutino di censurare a priori i contenuti degli utenti mediante sistemi di filtraggio non vi sia alcuna legge che imponga la rimozione della protezione garantita dalla DMCA, motivo per cui l’industria cinematografica non può in alcun modo far leva su tal punto nella propria battaglia alla pirateria.
Google, insomma, intende dimostrare che le accuse mosse nei confronti di Hotfile non poggiano su alcun fondamento concreto e che di fatto non possono rappresentare una minaccia per il servizio di upload online. Il paradigma sponsorizzato da Mountain View potrebbe dunque rappresentare un’ulteriore arma nelle mani dei legali che si stanno occupando del caso Megaupload, accusato dei medesimi crimini e chiuso proprio per le violazioni perpetrate dagli utenti registrati al servizio, con la possibilità di veder ribaltata una sentenza che al momento sembrerebbe essere inesorabilmente destinata a dar ragione alle major.
Per Megaupload la questione potrebbe essere però più complessa poiché il dolo sarebbe stato più volte comprovato ed anni di indagini potrebbero aver raccolto indizi a sufficienza per giungere ad una sentenza di colpevolezza.