E’ già passato qualche mese da quando Bill Gates disse che Google stava vivendo una “luna di miele” che prima o poi era destinata a finire. Forse Gates sperava i tempi sarebbero stati più brevi, invece finora Brin e Page se la stanno ancora spassando senza troppi pensieri.
Un articolo pubblicato sul New York Times, però, ha voluto far le pulci al gruppo perchè, a ben guardare, qualche crepa nel sistema perfetto di Mountain View sembra esserci.
L’articolo passa in rassegna vari piccoli esempi, raccogliendo semplicemente tutta una serie di indizi lasciando alludere alla tesi finale. Il tutto parte dal problema degli asili di cui abbiamo parlato anche su Webnews. Ma non solo: la diminuzione drastica del valore delle azioni, l’abbandono di troppi dipendenti, l’aumento della burocrazia interna, la perdita di appeal di “big G” come punto di riferimento della nuova ondata dell’imprenditoria 2.0. Se a tutto ciò si aggiungono le preoccupazioni derivanti da Yahoo.
L’analisi del caso “day care” si chiude sottolineando il fatto che Google si sta allineando nel caso specifico a quel che fanno tutte le altre aziende. Google sta facendo come tutti gli altri: “just another company“. Non poteva esserci peggior chiusura per chi è abituato a stupire tutti, a cambiare quotidianamente le carte in tavola, a rilanciare sempre e comunque portandosi dietro gli altri a suon di innovazione.