Dopo le schermaglie e le porte sbattute, passata la rabbia e le minacce, Google e gli editori francesi torneranno a parlarsi. Forti del nuovo movimento di pensiero degli editori del continente, compresi quelli italiani, i francesi si aspettano una Big G meno sulla difensiva. E il volo intercontinentale già prenotato da Eric Schmidt per la settimana prossima – destinazione Parigi – sembra dare loro ragione. Google e i francesi si metteranno attorno a un tavolo.
La Ministra all’economia digitale e all’innovazione, Fleur Pellerin, ha ribadito che non è intenzione del governo passare per anti-Google. Anzi, la speranza, confessata in tutta franchezza in una intervista, è che Google e gli editori trovino un accordo che sventi la difficile strada di una legislazione speciale.
Mi permetto di suggerire alle parti di avviare i negoziati, di avviare discussioni magari per tre mesi, e cercare di trovare un accordo su base negoziata. Non ci riuscissero, bè, staremo a vedere.
In questo principio c’è tutta la distanza (subito colta dai giornalisti francesi) tra l’ala moderata impersonata dalla Pellerin e quella più aggressiva, quasi tecnofobica, dello stesso Presidente Hollande e del suo ministro della Cultura, Aurelie Filippetti, quella che ha proposto un canone televisivo per i computer connessi alla Rete, per intenderci.
Nel governo socialista da pochi mesi all’Eliseo si stanno scontrando due punti di vista: chi pensa che la tassazione alle news indicizzate dagli aggregatori debba essere imposta per legge, e chi invece la considera un’opzione prematura, se non proprio inattuabile, perché richiederebbe una completa revisione del diritto d’autore francese, esponendosi a un percorso parlamentare irto di trappole e difficoltà.
La Pellerin ha citato come modello virtuoso a cui ispirarsi il caso della disputa legale tra Google e l’agenzia nazionale AFP (Agence France-Presse, corrispondente della nostra Ansa), conclusa con un buon accordo nel 2005. Patto basato su un principio che sembra fatto apposta per il caso di Google News: da una parte e dall’altra del tavolo non c’è chi guadagna tutto e chi perde tutto, ma due portatori di interessi che fanno cose diverse, chi produce un contenuto e chi lo indicizza dandogli maggiore valore sul mercato. Miliardi di click, il flusso di Google News verso i siti dei giornali di ogni singolo paese, non si inventano dall’oggi al domani.
A questo punto, se il ministro all’innovazione digitale riuscirà a far prevalere la sua titolarità in merito, favorirà l’incontro al vertice a Parigi, il cui esito eventualmente positivo sarà davvero importante a livello globale e potrebbe avere un effetto domino. In caso contrario, avrebbe vinto l’ormai celebre sciovinismo transalpino, quello che anni fa fece pensare un po’ presuntuosamente all’allora presidente Jacques Chirac che la Francia dovesse creare un proprio Google, bloccando un «simbolo di imperialismo culturale». Sappiamo come è finita.