Per effettuare una ricerca su smartphone e tablet non è più nemmeno necessario toccare il display: basta ricorrere all’impiego dei comandi vocali, come nel caso dell’app Google. Si attiva il sistema con una parola chiave, dopodiché è possibile porre una qualsiasi domanda o query semplicemente parlando. La tecnologia replicherà immediatamente proponendo link, contenuti o pronunciando una risposta. Tutto merito dell’intelligenza artificiale, agente invisibile che opera lontano dagli occhi dell’utente, sul cloud.
Le tecniche di machine learning mirano proprio a questo: simulare il processo cognitivo dell’essere umano per rendere l’interazione con i software sempre più naturale e priva di ostacoli. I progetti messi in campo dal gruppo di Mountain View e legati all’IA sono molti (TensorFlow e AlphaGo solo per citarne un paio). L’ultimo è raccontato dall’ingegnere software Andrew Dai sulle pagine del sito BuzzFeed. Il suo team ha escogitato un metodo piuttosto originale per insegnare agli algoritmi come esprimere un concetto o pronunciare una frase utilizzando un linguaggio più naturale, non caratterizzato da una rigida sintassi: ricorrendo all’impiego di romanzi rosa.
Nell’applicazione di Google, le risposte sono molto concrete. Speriamo, con questo progetto e con quelli futuri, di poterle rendere maggiormente colloquiali o comunque di poter introdurre nuovi toni, stili o registri vocali.
La scelta della categoria non è casuale. Secondo Dai, i romanzi di questo tipo sono caratterizzati da dinamiche narrative molto simili tra loro e spesso affrontano gli stessi temi e gli stessi argomenti, seppur in maniera differente. Facendoli analizzare dall’intelligenza artificiale, questa può apprendere diversi modi per dire la stessa cosa. In altre parole, Google sta arricchendo il vocabolario dell’IA e la sta allenando a interloquire con uno stile sempre più simile a quello di un essere umano. Dal punto di vista tecnico la sfida non è affatto banale.
Sottoporre dei romanzi ad un motore IA non è semplice. L’engine, conosciuto anche come rete neurale, è un programma per computer in grado di imparare. Questo non significa che sia intelligente fin dalla sua creazione. Le reti neurali nascono senza alcuna conoscenza di base, dunque alimentarle con il testo prelevato da libri è come far leggere un racconto ad un bambino e sperare che ne apprenda alcune parti. Per questo servono enormi quantità di dati, circa 2.865 volumi in questo caso, sui quali costruire quella che chiamiamo “intelligenza”.
Per chi ha visto pellicole come “Her” o “Ex Machina” è quasi automatico pensare a come la letteratura e il cinema immaginano le prossime evoluzioni dell’IA. Sebbene i tempi ancora non siano maturi per assistere alla creazione di software in grado di provare sentimenti, non è azzardato attendersi per un futuro più immediato l’arrivo di algoritmi, app e servizi capaci di interagire con un essere umano in modo naturale, con buona pace per il test di Turing.