«Il libro verde elaborato dalla Commissione Europea sul “diritto d’autore nell’era dell’economia della conoscenza” inizia con queste parole: “Il presente Libro verde intende promuovere un dibattito sui migliori mezzi per assicurare la diffusione online delle conoscenze per la ricerca, la scienza e l’istruzione“. La Commissione non ha nascosto la testa sotto la sabbia: è chiaro che esiste una tensione fra diritto d’autore e diffusione della conoscenza. Ma l’obiettivo è proprio quello di trovare il giusto equilibrio fra accesso e protezione (o vogliamo meglio dire giusta remunerazione) dell’autore». Le parole sono quelle di Marco Pancini, European Policy Counsel di Google, il quale tramite il blog italiano del gruppo ha voluto dettagliatamente illustrare la posizione dell’azienda relativamente alle tematiche sul diritto d’autore che son tornare al centro dei dibattito negli ultimi giorni.
Occorre ripartire da Altroconsumo, perchè è stata proprio l’associazione a pubblicare (pdf) per prima la proposta di legge con cui si sta cercando di distribuire responsabilità ed incarichi per giungere ad un nuovo sistema sanzionatorio per regolare il settore. Il documento, però, ha immediatamente attirato polemiche ed è stato interpretato come un viatico silente verso la cosiddetta “dottrina Sarkozy”. Proprio a questo proposito Google ha rilasciato il proprio manifesto spiegando a chiare lettere:
«Occorre definire regole condivise che facciano sì che le nuove tecnologie, digitali e telematiche, costituiscano uno strumento di promozione e crescita culturale e non un elemento di freno o ostacolo a tale sviluppo. Qualsiasi normativa che vada a impattare sul mezzo di comunicazione Internet dovrebbe tenere in considerazione la specificità di questo mezzo. Il futuro è lo sviluppo di piattaforme che realizzino le aspettative ed i bisogni degli utenti. […] Google condivide e supporta i diritti di proprietà intellettuale dei creatori di contenuti e crede nel diritto d’autore. Gli autori meritano di essere premiati per il loro lavoro ed il sistema delle leggi sul copyright è uno strumento fondamentale nella promozione della creatività. Il fair use ha permesso ad un intero nuovo settore industriale di crescere e sviluppare nuovi servizi e piattaforme utili per gli utenti, basti pensare al fenomeno del Creative Commons. Un interessante e recente studio della Computer and Communications Industry Association cerca di quantificare il contributo portato dalle società che si riconoscono nell’economia delle libere utilizzazioni. La “fair use economy” nel 2006 ha prodotto ricavi per 4.600 milioni di dollari (all’incirca un sesto del PIL totale degli USA), impiegando più di 17 milioni di persone».
Ma la proposta Google va anche oltre.
Google chiede che l’intero comparto venga ripensato, partendo dal principio e facendo soprattutto tesoro di quel che già la giurisprudenza ha sentenziato: non si può mettere la sanzione al di sopra dei diritti della persona, perché così facendo si registrerebbe un corto circuito nel diritto. «Le opportunità che Internet offre sono incredibili e permettono di trovare soluzioni adeguate alle sfide che le nuove tecnologie presentano. A questo proposito chiediamo al Comitato tecnico contro la pirateria digitale e multimediale che si sta occupando di elaborare le soluzioni al problema della violazione dei diritti di proprietà intellettuale online, di tenere in considerazione il punto di vista degli operatori della società dell’informazione». Al comitato stesso Google propone un canale su YouTube «per favorire lo scambio “diretto” e trasparente con i cittadini e gli operatori del settore. Potrebbe essere interessante avere il punto di vista di chi fruisce dei contenuti e fa in modo che l’industria della produzione della cultura possa continuare a vivere».
L’interesse di Google nella vicenda è particolare. Lo ammette Google stessa, quando spiega di dover agire giorno dopo giorno sul filo del compromesso tra sete di informazioni e necessità di tutelare il diritto d’autore. Ma lo spiega anche Guido Scorza su Repubblica, a proposito della bozza pubblicata da Altroconsumo: «Se passasse questa proposta, certo YouTube perderebbe la causa contro Mediaset e altre emittenti che lo denunciano per la presenza di materiale pirata sul portale».
Nel Regno Unito, proprio in queste ore, la politica ha scelto di percorrere una strada differente: la proposta della British Phonographic Industry (tre ammonizioni seguite dal distacco della linea) egrave; stata fermata dal Governo spiegando che le misure richieste sono eccessive. Ed una metafora, in particolare, è emblematica per delineare la dottrina inglese sul tema. Ha infatti spiegato David Lammy, Ministro per la Proprietà Intellettuale: «Non possiamo adottare un sistema che arresta i teenagers nelle loro stanze. La gente può affittare una stanza in un hotel e lasciarla prendendosi una saponetta – c’è una bella differenza tra il prendersi una saponetta ed il prendersi la televisione». L’Inghilterra suggerisce agli ISP di formulare una proposta propria, aprendo anche alla possibilità di una percentuale sulle tariffe per la connessione da versare all’industria musicale (proposta che viene cadenzialmente a galla e che in Italia ha a suo tempo già coinvolto con scarsi risultati il mercato dei CD).