Google investe nel multitasking computing

Con l'acquisizione della startup Peakstream, Google mira a migliorare l'efficienza dell'architettura multicore e quindi della sua immensa base di server. Peakstream nasce da ex-responsabili NVIDIA, Sun, VMware e Network Appliance
Google investe nel multitasking computing
Con l'acquisizione della startup Peakstream, Google mira a migliorare l'efficienza dell'architettura multicore e quindi della sua immensa base di server. Peakstream nasce da ex-responsabili NVIDIA, Sun, VMware e Network Appliance

Google mette le mani sul mondo della programmazione multicore e acquista, per una cifra ancora ignota, Peakstream, una delle startup più valutate della Silicon Valley, portando avanti una strategia in linea con l’espansione dei suoi data center.

Peakstream è infatti (assieme a RapidMind) una delle poche startup specializzate nell’elaborazione di codice che sfrutti la tecnologia multicore, cioè quella che prevede il calcolo con diversi processori. Questo tipo di architettura si sta facendo strada da tempo nel mondo dei personal computer mandando in pensione il tradizionale modo di intendere il computing (cioè un compito alla volta) e portando il multitasking ad un livello in cui due (o più) chip lavorano su compiti diversi simultaneamente, in parallelo. Tutto ciò senza contare che l’evoluzione dei chip grafici sta facendo sì che progressivamente questi ultimi alleggeriscano il compito dei chip principali assumendo anche vesti di calcolatori.

L’azienda è il frutto dell’esperienza di vecchi lupi della tecnologia in quanto è stata infatti messa in piedi da membri provenienti da Sun Microsystems, NVIDIA, VMware e Network Appliance in due anni con importanti sovvenzioni (stimate in cifre attorno ai 17 milioni di dollari) da società come Sequoia e Kleiner Perkins.

L’interesse di Google in una simile tecnologia è facilmente intuibile: a Mountain View, infatti, è allocata una cifra record di server che lavorano in parallelo e uno dei problemi maggiori è l’ottimizzazione del lavoro e l’ottenimento delle massime performance. Inoltre una simile mossa lascia ipotizzare che il colosso della ricerca possa abbandonare l’uso dei chip x86 per abbracciare i più veloci GPU.

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