Quando Google iniziò a cercare dipendenti nel settore della connettività si sollevò un polverone diradatosi presto. Stessa cosa succedette quando si parlò di acquisizione delle cosiddette “dark fiber”: polverone, illazioni, quindi il silenzio. Dal torpore la questione rinasce oggi nel momento in cui Google è tornato a farsi sentire nell’ambito con alcune partecipazioni che confermano quelle che da più parti furono giudicate come semplici ipotesi dalla opinabile attendibilità: il motore di ricerca potrebbe ambire al settore della connettività e la porta d’entrata potrebbe essere quella del broadband tramite i cavi della rete elettrica.
L’investimento di Google non è stato ufficialmente annunciato dal gruppo (pur se confermato), ma emerge piuttosto da un comunicato dell’azienda Current Communications Group. Nel testo emerge l’impegno comune di Google, Hearst Corporation e Goldman Sachs, trio che va ad aggiungersi ai gruppi che già in precedenza finanziavano le attività Current. La pioggia di milioni (circa 100 mln di dollari secondo il Wall Street Journal) piovuta sul gruppo offrirà «capitali ed assistenza operativa per continuare ad estendere i servizi “Broadband-over-Power Line”».
Ad oggi il gruppo Current si appoggia alle aziende distributrici di energia elettrica acquistando il diritto a sfruttare le preesistenti infrastrutture di rete e gestendo poi in proprio i rapporti con i clienti: le entrate del gruppo sono quindi pari agli abbonamenti accordati e per i gruppi dell’energia elettrica il tutto consiste in entrate aggiuntive al normale servizio di erogazione. Il servizio Current si attiva tramite una piccola scatola-decoder che, in ogni casa, permette di leggere il segnale proveniente dai cavi dell’impianto.
Scott Bruce, responsabile dell’azienda sulla quale si sono spostate tutte le attenzioni del momento, si felicita per l’investimento ricevuto sposando in pieno la volontà e l’interesse di Google nell’estendere la connettività broadband a quanta più utenza possibile. La controparte condivide l’entusiasmo, Hearst e Goldman Sachs confermano, e tutti guardano in particolar modo alle aree rurali al momento ignorate dalle grandi aziende di telecomunicazione. In nome dell’interesse comune, dunque, il problema del digital divide potrebbe trovare in Google e nel “Powerline” una soluzione tanto interessante per l’utenza quanto lucrosa per chi vi si sta impegnando.