Che “googlare” sia ormai una accezione comune, tanto da entrare a far parte del vocabolario, è cosa nota ormai da tempo ed è frutto di un fenomeno peraltro estremamente noto: quando un servizio o un prodotto assumono un successo tale da diventare oggetti condivisi della cultura sociale, automaticamente trovano spazio anche all’interno dei codici comunicativi della società stessa. Tuttavia a Google sembra non essere piaciuto invece il termine “ingooglabile“, tanto da arrivare a far richiesta di rimuovere tale terminologia allo Språkrådets, ossia l’istituto svedese per i neologismi che trova corrispondenza in Italia nell’Accademia della Crusca.
“Googlare” è un verbo diffusosi nella volgata comune grazie al fatto che Google è divenuto talmente un successo universale da essere un elemento tanto condiviso da poter rientrare nei codici comunicativi in adozione. “Googlare” significa chiaramente “cercare su Internet”, come se Google possa essere uno standard univoco e “Googlare” possa valere per Yahoo come per Bing, universalmente, dando tacitamente per scontato che la ricerca viene comunque effettuata sul motore di Mountain View. Quando “googla” entrò nel vocabolario svedese negli anni passati, Google non ebbe nulla da contestare in proposito: è il culmine massimo del successo conseguito, la consacrazione del dominio sul settore. Oggi, invece, il gruppo ha sollevato perplessità precise contro la possibile adozione del termine “ogooglebar“ (in italiano “ingooglabile”), tanto che l’istituto svedese ha preferito evitare il faccia a faccia e rimuovere il termine tra la lista delle nuove parole suggerite per l’adozione nel vocabolario.
Di per sé lo scontro è tanto curioso quanto significativo. Google, opponendosi alla decisione degli esperti svedesi, sembra che della parola “ogooglebar” abbia voluto negare più il significato che non il significante, mettendosi così di traverso per evitare che il vocabolario possa consacrare anche una accezione negativa in relazione al brand del motore di ricerca. “Ingooglabile” implica infatti la non possibilità di cercare una parola, come se il motore possa avere un qualche limite e non abbia quindi in realtà la capacità di raggiungere qualsiasi entità. Implica inoltre l’eventuale volontà di non essere trovati, di celare la propria identità al motore tramite espedienti di vario tipo. Nulla, insomma, che vada nella direzione degli interessi del gruppo guidato da Larry Page.
Lo Språkrådets ha espresso il proprio rammarico per l’opposizione raccolta, lamentando il fatto che Google voglia avere il controllo sul linguaggio evitando che il proprio brand possa entrare nel vocabolario sotto forma di una parola derivata. Google, usando l’arma del copyright, ha però semplicemente fatto il proprio interesse dapprima consentendo una deroga con la parola “googla“, per poi negare una deroga ulteriore (priva di alcun interesse per il gruppo) per la parola “ogooglebar“.
“Ingooglabile”, insomma, non si può dire. O lo si può dire, ma senza che alcun vocabolario ne preveda un utilizzo ufficiale. Google, invece, la prevede e anche “ogooglebar” può essere cercato su Google Sverige: basta comporre la query e lo stesso sistema di suggerimenti automatici la mette al primo posto.
Insomma: la parola c’è, la si dice e la si cerca. Ma formalmente non può esistere.