Google non ci sta e passa al contrattacco. Il gruppo di Mountain View prende posizione, in maniera decisa, circa le accuse avanzate direttamente e indirettamente da Microsoft e che sono vale l’apertura di un’indagine della Commissione Europea al fine di chiarire l’aspetto relativo alla posizione dominante di BigG nel mercato dei motori di ricerca.
La reazione, arrivata per mezzo di Matt Cutts, uno dei responsabili del motore di ricerca americano, è tesa a chiarire la posizione di apertura di Google circa gli aspetti tecnici che regolano il suo search engine:
Criticare Google per la sua “formula segreta” è un’accusa facile da formulare, ma semplicemente non è vera. A Google abbiamo lavorato giorno dopo giorno per anni a essere aperti, a educare creatori di contenuti sul posizionamento dei siti, a rispondere alle domande sia dei webmaster che degli utenti. Quindi se è cosi che le persone scelgono di definire un “segreto”, allora il nostro dev’essere il segreto tenuto peggio in tutto il mondo della ricerca.
Google rivendica con forza, quindi, il suo ruolo che l’ha sempre vista, così dice Cutts, agire nella massima apertura verso la community del Web, dagli utenti agli sviluppatori e ai webmaster. La prova di ciò sarebbe il fatto che i criteri alla base del funzionamento di tecnologie quali il famigerato PageRank o tutti i “trucchi” per ottenere un buon posizionamento sul suo motore di ricerca sono di dominio pubblico da anni.
Non manca, tuttavia, una comprensibile difesa di alcuni “segreti professionali“, segreti tenuti da Google non tanto per rafforzare il proprio quasi monopolio, quanto per questione di sicurezza della stessa piattaforma, per la quale un’apertura pressoché totale significherebbe un’esposizione agli attacchi dei criminali informatici:
Non pensiamo sia irragionevole avere dei segreti professionali come in qualsiasi azienda, non ultimo perché non vogliamo aiutare spammer e cracker a violare il nostro sistema. Se chi sta cercando di manipolare il posizionamento nella ricerca sapesse ogni singolo dettaglio su come posizioniamo i siti sarebbe più facile infestare di “spam” i nostri risultati con pagine irrilevanti e frustranti per gli utenti – ad esempio pagine pornografiche o fatte per distribuire software dannoso.
Insomma una difesa convinta quella di Google, una difesa che appariva comunque necessaria alla luce delle indagini della Commissione Europea. Il braccio di ferro tra i due big del settore si fa quindi caldissimo, aprendo, come ormai consuetudine, il fronte dei ricorsi e delle denunce di posizioni dannose per la concorrenza e mostrando così come la competizione sia sfociata in una guerra in campo aperto, una guerra che va dai motori di ricerca ai browser, per passare alla telefonia mobile e per finire magari, non ci stupiremmo, al mercato dei sistemi operativi, dove Google arriverà a fine anno con il suo Chrome OS.