Forse il terrorismo non sarà sconfitto in Rete, ma il Web può certamente fornire un grande aiuto nella lotta alla diffusione della cultura estremista e jihadista sostenuta da gruppi come l’ISIS. In quest’ottica si inserisce una nuova iniziativa promossa da Google, un programma pilota che prevede di individuare alcune specifiche ricerche online relative all’argomento, arricchendone le SERP (pagine dei risultati) con link verso siti e documenti che fanno informazione con l’obiettivo di arginare la radicalizzazione del fenomeno.
Che il Daesh faccia ricorso a Internet per la propria opera di proselitismo, talvolta addirittura per il reclutamento di nuove forze, è comprovato. L’idea di bigG è dunque quella di porre chi desidera trovare informazioni in merito di fronte ad una riflessione, nella speranza di portare se non ad un ripensamento almeno al mettere in discussione eventuali cattive intenzioni.
Una pratica che però, inevitabilmente, si trova a dover fare i conti con le dinamiche già ampiamente discusse per quanto riguarda il diritto all’oblio: intervenire nel processo di ricerca di documenti e contenuti con un qualsivoglia filtro significa interporre un ostacolo tra l’utente che si rivolge al motore per l’indicizzazione e il contenuto cercato. Nel caso specifico dei siti pro-terrorismo può essere un metodo più che giustificato, ma che dal punto di vista funzionale deve per forza di cose risultare impeccabile. La conseguenza sarebbe altrimenti impedire la documentazione sul tema a chi desidera esclusivamente informarsi. In altre parole, gli algoritmi che decidono le query da veicolare sui siti anti-ISIS devono agire in maniera ineccepibile.
La soluzione per mettere tutti d’accordo non è quella che percorre la strada della sottrazione di link dalle SERP, bensì consiste in un’aggiunta. Dal punto di vista pratico, i risultati verranno arricchiti da collegamenti a pagine allestite ad hoc dalle ONG che si occupano di combattere il fenomeno, attraverso la visualizzazione di appositi banner del network AdWords. Google è dunque tra le prime realtà a raccogliere l’invito rivolto dalla Casa Bianca ai colossi della Silicon Valley, affinché si faccia ricorso alle potenzialità degli strumenti tecnologici nella lotta al terrore. Una strategia che in futuro potrebbe essere messa in campo anche per gestire le query relative ad altre tematiche altrettanto delicate come la pedofilia, il traffico di sostanze stupefacenti o addirittura la ricerca di materiale pirata (quest’ultima già abbondantemente filtrata su richiesta di chi detiene il copyright dei contenuti).
Un’altra iniziativa di questo tipo in cantiere nei laboratori di bigG è quella che prevede la creazione di un sistema più efficace per individuare prontamente i video caricati su YouTube dai terroristi o da chi ne appoggia l’azione. Questa la dichiarazione in merito fornita da Anthony House, senior manager for public policy di Google, in occasione di un incontro sull’argomento al quale hanno partecipato anche esponenti di Facebook e Twitter.
Dovremmo rimuovere i contenuti dannosi, ma è anche estremamente importante che le persone possano trovare una buona informazione. Che quando si sentono isolate e vanno online possano trovare una comunità piena di speranza, non di pericoli.