Il Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti d’America ha nei giorni scorsi puntato nuovamente il dito contro Google, accusando l’azienda di operare una disparità di trattamento, basata sul sesso, per quanto guarda i compensi riconosciuti ai suoi dipendenti. In altre parole, per lo stesso ruolo ricoperto, una donna guadagnerebbe meno di un uomo. La replica del gruppo di Mountain View non si è fatta attendere.
Con un post comparso sulle pagine del blog ufficiale, la società californiana afferma di essere impegnata ormai da diverso tempo per assicurare un trattamento equo alla propria forza lavoro. Si fa riferimento a un modello impiegato internamente per il calcolo dello stipendio che non tiene affatto in considerazione il sesso, bensì fattori come la carica ricoperta, il livello, la location e le performance raggiunte nell’ultimo periodo. La cifra è così calcolata da un team di analisti che, secondo bigG, non ha in alcun modo accesso alle informazioni di genere, per poi essere immessa all’interno di un modello di “pay equity” costituito da quattro step (come visibile nell’immagine allegata di seguito) e che rileva eventuali discrepanze nel trattamento degli uomini e delle donne, così da potervi porre rimedio.
Secondo Eileen Naughton, vicepresidente della divisione People Operations, dalla ricerca condotta a fine 2016 su un totale pari a 52 differenti tipologie di lavoratori al servizio di Google, non sono emerse differenze di trattamento. Il Dipartimento del Lavoro USA non la pensa allo stesso modo e ha portato il caso sul banco di un giudice di San Francisco nella giornata di venerdì, dopo aver chiesto fin dal settembre 2015 l’accesso a informazioni approfondite e dettagliate sui compensi riconosciuti dall’azienda ai dipendenti, vedendosi però sempre negare la possibilità di consultare i dati.