Google News chiude in Spagna

Google prende una decisione clamorosa: dal 16 dicembre chiuderà la sezione news. La reazione dopo la nuova legge sul copyright.
Google News chiude in Spagna
Google prende una decisione clamorosa: dal 16 dicembre chiuderà la sezione news. La reazione dopo la nuova legge sul copyright.

Google ha annunciato che dal prossimo 16 dicembre il servizio GNews chiuderà in Spagna. La notizia è tanto clamorosa quanto utile a comprendere quali sia la posizione dell’azienda, ormai, di fronte alla mentalità di alcuni governi e di certi editori (che hanno proseliti anche in Italia): per Google, molto semplicemente, essendo il servizio gratuito e opzionale, se vengono chiesti soldi diventa insostenibile e si chiude.

Lo ha scritto a chiare lettere Richard Gingras, responsabile globale di Google News, con un post sul blog europeo dal titolo hemingwayano: “Aggiornamenti sulla Spagna”. Partendo da lontano, addirittura dall’11 settembre 2001, quando gli ingegneri di Mountain View si resero conto che il motore non restituiva nessun risultato a proposito di quella giornata che fosse collegata agli attacchi terroristici alle torri gemelle di New York, Gingras spiega e difende la natura dell’aggregatore:

Google News è un servizio apprezzato da centinaia di milioni di utenti, tra cui molti in Spagna. È gratuito e include tutto, dai più grandi giornali del mondo ai più piccoli, le pubblicazioni locali e i blogger. Gli editori possono scegliere se vogliono o meno che i loro articoli compaiano in Google News – e la stragrande maggioranza sceglie di essere incluso, per ottime ragioni. Google News crea valore per queste pubblicazioni portando traffico verso i loro siti, aiutandoli a generare ricavi pubblicitari.
Purtroppo, a seguito di una nuova legge spagnola, dovremo a breve chiudere Google News in Spagna. Il motivo è questo: la nuova normativa richiede che ogni pubblicazione spagnola addebiti ai servizi come Google News per mostrare anche il più piccolo frammento di informazione. Dato che Google News si fa senza soldi (noi non mostriamo alcuna pubblicità sul sito) questo nuovo approccio semplicemente non è sostenibile. Quindi è con vera tristezza che il 16 dicembre (prima che la nuova legge entri in vigore, nel gennaio 2015) verranno rimossi gli editori spagnoli da Google News, e chiudiamo Google News in Spagna.

L’effetto della chiusura

A meno di ripensamenti, da martedì prossimo si assisterà in Spagna a un vero e proprio esperimento radicale di cancellazione dell’aggregazione di notizie sul motore di ricerca più famoso del mondo. I siti delle testate saranno ovviamente ancora indicizzati, così come alcuni link ad articoli, ma non ci sarà più l’aggregazione, il cui valore è stato individuato grazie al dietrofront di un altro tenace avversario di Big G, l’editore tedesco Springer, che in poche settimane perse l’80% del traffico e rischiò il collasso economico. In Germania Google News attende il pronunciamento dei giudici, ma non c’è una legge come quella spagnola. In Francia hanno trovato un accordo sulla base di circa 60 milioni di euro.


Un altro effetto singolare di questa chiusura è che si ripercuoterà in tutti i servizi globali di integrazione, poiché avendo chiuso agli editori spagnoli dell’AEDE – lobbisti di questa legge del governo – Google chiude ai loro contenuti anche nel resto del mondo. Tutto questo molto prima che fosse reso noto quanto Google avrebbe dovuto riconoscere agli editori spagnoli; un difetto della legge è che non si è mai capito quanto denaro l’aggregatore debba destinare agli editori per poter riprodurre i microcontenuti linkati dei loro giornali online.

Piace anche ai giornali italiani

Tempo fa la Fieg ha raccontato le sue intenzioni (o meglio, desideri) praticamente identiche a quelle spagnole. Il neo presidente Maurizio Costa aveva rilasciato alcune dichiarazioni che alla luce della crisi spagnola suonano come una profezia di sventura: davvero gli editori italiani sono pronti a buttare a mare milioni di utenti di traffico verso i loro siti? La risposta di Google Italia, all’epoca, fu ricordare che il servizio di notizie invia ogni mese 10 miliardi di clic agli editori di tutto il mondo, ridistribuendo 9 miliardi di dollari di pubblicità.

L’unica vera differenza con la Spagna – al momento e al netto di una notevole cronistoria di proposte di legge contro il web – è che in Italia non sembrano esserci le condizioni parlamentari per l’approvazione di una legge di questa portata. Da martedì, gli occhi di tutti gli analisti del mondo, pro e contro, si rivolgeranno alla Spagna. C’è chi tifa per gli editori e chi è pronto a cronometrare il tempo di resistenza prima che si arrendano al toro americano che non vuole farsi prendere per le corna.

Resta da chiedersi su quali ragioni si basi questa assurda aggressione degli editori di mezzo continente a Google, capro espiatorio sul quale si scaricano ormai tutti i problemi e le frustrazioni delle industrie e della politica. Le vicende della elusione fiscale non aiutano, certo, ma è anche una comoda scusa quando non si è fatto bene il proprio mestiere.

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